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Spallata ai nuovi Mallardo, la Dia esegue sette arresti

Imprenditori sotto estorsione, azzerata la fazione del ras Mauro Moraca

Spallata ai nuovi Mallardo, la Dia esegue sette arresti

NAPOLI. “Pizzo” agli imprenditori, a volte doppio; ditte che dovevano “per forza” lavorare al posto di altre; cassa comune per le “mesate” agli affiliati detenuti e alle loro famiglie. Questa volta l’inchiesta della Dda, che ha coordinato indagini condotte dalla Dia di Napoli, ha toccato l’ultimo organigramma del clan Mallardo di Giugliano, gestito secondo l’accusa dal genero del defunto boss Feliciano: Mauro Moraca. Partendo da lui, nel periodo 2012-2021, sono stati accertati reati che hanno coinvolto altre 7 persone, 6 delle quali in stato d’arresto. L’ottava, Maria Domenica Mallardo detta “Miriam”, moglie di Moraca, è indagata a piede libero e risponde di un solo capo d’imputazione. Tutti devono essere ritenuti innocenti fino all’eventuale condanna definitiva.

Gli investigatori della Direzione investigativa antimafia hanno eseguito l’ordinanza all’alba ieri, portando in carcere 4 dei destinatari: Mauro Moraca, 45 anni; Emmanuele Russo, 28; Francesco Mallardo “o’ marmular”, 52; Giuseppe Mallardo, 65. Hanno ottenuto invece il beneficio degli arresti domiciliari Felice Coletta (difeso dall’avvocato Luigi Poziello), 37enne; Umberto Mallardo di 44 anni, e Caterina Poziello, 80enne. Le loro posizioni sono meno gravi e nel caso della donna ha influito anche l’età avanzata sulla decisione del gip di evitarle la detenzione in un istituto penitenziario. La procura antimafia e la Dia hanno ricostruito uno scenario per certi versi nuovo rispetto ai canonici schemi camorristici.

Alcuni imprenditori erano costretti a pagare per lavorare, poi i soldi venivano versati in una cassa comune per essere utilizzati per investimenti, operazioni speculative o per sostenere gli affiliati detenuti. In particolare i vertici dell’ultima versione del clan Mallardo (alleato e federato con l’Alleanza di Secondigliano e i Licciardi) stavano particolarmente attenti agli introiti in cassa per non far mancare mai il sostentamento agli affiliati detenuti. Al punto che in una circostanza fu chiesto il “pizzo” a un imprenditore che l’aveva già pagato perché andava male un’attività commerciale aperta a Dubai per riciclare i soldi. Figura centrale nell’inchiesta è Mauro Moraca.

Secondo quanto emerso dalle intercettazioni si sarebbe occupato, dopo essere stato scarcerato nel settembre del 2019, della gestione della cassa del clan per la fazione San Nicola godendo da tempo della fiducia incondizionata del defunto Feliciano Mallardo. Avrebbe assunto rilevanti decisioni organizzative, come nel caso in cui sostanzialmente decretò l’estromissione dalle attività del sodalizio di un affiliato storico e certamente non secondario: Mallardo Francesco “’o marmularo”, poi rientrato dalla porta principale nell’organizzazione. Alter ego di Mauro Moraca, nella ricostruzione degli inquirenti, era Emmanuele Russo, nipote della sorella di Feliciano Mallardo. Il capo e il vice per non essere intercettati usavano un sistema più mafioso che camorristico: si scambiavano “pizzini” o addirittura lunghe lettere.

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