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Malanapoli
22 Gennaio 2025 - 08:46
NAPOLI. Evasione fiscale, riciclaggio e fatturazioni false con triangolazioni tra la Campania, la Toscana e altre due regioni italiane con la Cina. Una maxi-truffa alle casse dello Stato da oltre 127 milioni di euro su cui ha fatto luce la guardia di finanza con il coordinamento della procura di Napoli.
Così, ieri sono scattati centinaia di sequestri diretti e per equivalente nei confronti di 54 indagati, presunti corresponsabili a seconda delle varie posizioni di un’attività illecita che non si è fermata nemmeno di fronti ai primi accertamenti: I bonifici con la “via della seta” andavano e venivano, tant’è vero che tra le persone coinvolte figurano due cittadini cinesi oltre a commercialisti, intermediari e prestanome.
Grazie a una complessa rete di 51 società “cartiere” i 54 indagati (per la maggior parte residenti tra Napoli e Caserta) hanno messo a disposizione i loro servizi, a cominciare dalla fatturazione di operazioni inesistenti, per consentire di evadere l’Iva a 34 ditte di pelletteria e calzature tra Toscana, Campania, Marche e Veneto. Una super evasione fiscale con un enorme giro di riciclaggio che coinvolgeva pure alcune banche e cittadini cinesi residenti a Napoli. Il tutto scoperto dai finanzieri dei Nuclei della Guardia di Finanza, polizia economico-finanziaria di Pisa e Napoli nell’ambito di indagini coordinate della Procura di Napoli (sezione criminalità economica).
Gli inquirenti hanno chiesto e ottenuto dal gip di Napoli un decreto di sequestro per equivalente (di complessi aziendali, beni mobili ed immobili, tutto riconducibili agli indagati o nella loro disponibilità) nei confronti degli indagati che hanno consentito ai loro clienti di non pagare imposte per oltre 46 milioni di euro, dal 2019 al 2021. Gli investigatori contestano anche il riciclaggio, fino al 2024, per proprio conto e per conto di terzi, di oltre 81 milioni di euro.
Le fatture false venivano pagate dai clienti mediante bonifici bancari che i principali indagati versavano su conti correnti di istituti di credito in Cina, sempre via bonifico, che rientravano in loro possesso grazie a cinesi residenti nella città di Napoli due dei quali figurano tra gli indagati.
E se le banche “attenzionavano” queste operazioni, il meccanismo di riciclaggio si modificava veicolando i bonifici prima su due società estere, una in Albania e l’altra in Croazia, dalle quali poi partivano i bonifici verso la Cina. In questo caso però le somme di denaro venivano restituite trattenendo una parte del dovuto quale profitto dell’intermediazione.
Questi bonifici esteri non si basavano su reali operazioni commerciali: l’unico obiettivo, infatti, era svuotare continuamente i conti correnti aziendali, simulare inesistenti importazioni di merci provenienti dalla lontana Cina e realizzare un’ingente provvista di denaro contante. Tra gli indagati figurano professionisti, intermediari e vari prestanome delle società “di carta” (senza un’attività economica vera), i passaggi e pagamenti delle merci sono stati ricostruiti a monte fino agli acquirenti a valle.
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