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Camorra
27 Gennaio 2025 - 08:39
NAPOLI. È l’unico clan nel Napoletano a usare i “pizzini” come mezzo di comunicazione tra i capi, i luogotenenti e i gregari. Lo pensano gli inquirenti dopo l’inchiesta sui Mallardo di Giugliano, fondatori e soci dell’Alleanza di Secondigliano, alla quale hanno contribuito alcuni collaboratori di giustizia.
È così emerso che Mauro Moraca, reggente dell’organizzazione nonché genero del defunto boss Feliciano Mallardo, si scambiava con l’emergente Emmanuele Russo brevi messaggi scritti a penna o lunghe lettere. Infatti l’alter ego di Mauro Moraca, nella ricostruzione della Dia che ha condotto le indagini con il coordinamento della Dda, era proprio Emmanuele Russo, nipote della sorella di Feliciano Mallardo.
Il capo e il vice per non essere intercettati usavano un sistema più mafioso che camorristico, apparentemente superato nell’era dei social, di Telegram e di criptochat sofisticate. Ma tutte hanno un punto debole che spesso viene scoperto, permettendo gli investigatori di infiltrarsi nelle conversazioni riservate. Ecco perché negli ambienti del clan Mallardo i partecipanti all’associazione hanno deciso di tornare all’antico.
E per essere sicuro, gli affiliati si scambiavano i “pizzini” in luoghi appartati: sotto un ponte ad esempio, come ha riferito ai pm della procura antimafia riferendosi a Moraca e Russo. “Pizzo” agli imprenditori, a volte doppio; ditte che dovevano “per forza” lavorare al posto di altre; cassa comune per pagare le “mesate” agli affiliati detenuti e alle loro famiglie. Questa volta l’inchiesta della Dda ha colpito il più recente organigramma del clan Mallardo di Giugliano, gestito secondo l’accusa dal genero del defunto boss Feliciano: Mauro Moraca.
Partendo da lui, nel periodo 2012- 2021, sono stati accertati reati che hanno coinvolto altre 7 persone, 6 delle quali in stato d’arresto. arresto. L’ottava, Maria Domenica Mallardo detta “Miriam”, moglie di Moraca, è invece indagata a piede libero e dovrà rispondere di un solo capo d’imputazione.
Tutti devono essere ritenuti innocenti fino all’eventuale condanna definitiva. Gli investigatori della Direzione investigativa antimafia hanno eseguito l’ordinanza lo scorso 15 gennaio portando in carcere 4 dei destinatari: Mauro Moraca, 45 anni; Emmanuele Russo, 28; Francesco Mallardo “o’ marmular”, 52; Giuseppe Mallardo, 65. Hanno ottenuto invece il beneficio degli arresti domiciliari Felice Coletta (difeso dall’avvocato Luigi Poziello), 37enne; Umberto Mallardo di 44 anni, e Caterina Poziello, 80enne. Le loro posizione sono meno gravi e nel caso della donna ha influito anche l’età avanzata sulla decisione del gip di evitarle la detenzione in un istituto penitenziario. Figura centrale nell’inchiesta è Mauro Moraca.
Secondo quanto emerso dalle intercettazioni si sarebbe occupato, dopo essere stato scarcerato nel settembre del 2019, della gestione della cassa del clan per la fazione San Nicola godendo da tempo della fiducia incondizionata del defunto Feliciano Mallardo. Avrebbe assunto rilevanti decisioni organizzative, come nel caso in cui sostanzialmente decretò l’estromissione dalle attività del sodalizio di un affiliato storico e certamente non secondario: Mallardo Francesco “o’ marmular”, poi rientrato dalla porta principale nell’organizzazione.
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