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Malanapoli
01 Febbraio 2025 - 08:49
NAPOLI. Un’intimidazione dai contorni allarmanti scuote il cuore della movida del centro storico di Napoli. Un commando, poco prima dell’alba di ieri, ha appiccato il fuoco al “Buco Pertuso”, noto locale di via Giovanni Paladino, a due passi da via San Biagio dei Librai.
Pesantissima la conta dei danni: nonostante il tempestivo intervento dei vigili del fuoco, seguiti a strettissimo giro di posta dalle volanti del commissariato Decumani, la drinkeria è stata infatti semidistrutta, compresa l’area interrata. L’allarme è scattato poco prima delle quattro di ieri mattina.
I balordi hanno dunque agito ancora con il favore delle tenebre: hanno versato del liquido infiammabile all’esterno e anche all’interno del locale, dopo di che si sono rapidamente dileguati. Terminata l’emergenza, sono scattati i primi accertamenti investigativi da parte dei poliziotti del commissariato Decumani, titolari dell’indagine.
Gli agenti hanno acquisito le immagini registrate da alcune telecamere di sicurezza presenti lungo la strada, comprese quelle del locale danneggiato, e ascoltato il titolare, il quale ha spiegato di non aver mai subito minacce o richieste di denaro a fini estorsivi.
Gli inquirenti non escludono comunque al momento alcuna pista, compresa quella del racket. La zona - per la cronaca - da tempo immemore uno dei principali fortini del clan Mazzarella. In zona, almeno fino a qualche tempo fa, era anche presente un avamposto del rivale clan Sibillo.
Intanto il titolare del “Buco”, Mauro Serino, ha affidato ai social un lungo sfogo: «Avevo la piccola in braccio che non ne voleva proprio sapere; squilla il cellulare per tre volte da un numero sconosciuto; penso “ah che scherzo del ca**o”, poi un’altra telefonata da un numero “visibile”; guardo l’orologio le 4,19. Uff, mando un whatsapp chiedendo chi fosse e cosa volesse. Mi risponde con un messaggio telegrafico: “polizia, ha preso fuoco il locale”».
L’incubo inizia: «Mi precipito in via Paladino mentre nella testa ho le facce di chi ci affianca da dieci anni; sfilano in testa come se stessi facendo un giro di giostra. Anni di lavoro, incontri e bene da proteggere. Arrivato, mi accoglie un vigile del fuoco, mentre galleggio tra la veglia e il sonno che con una pacca sulla spalla mi omaggia di uno sguardo paterno, senza dire nulla. C’è un odore acre di plastica e ferro incandescente, futuro senza domani. Mi poggio sulle ginocchia senza sentire più niente. Sono vuoto. Vedo altri due giovani in divisa, con la coda dell’occhio, della polizia di Stato. Mi avvicina il più anziano dei pompieri che mi dice “è un incendio di origine dolosa”. Poi uno dei due ragazzi della polizia mi chiede se avessimo avuto qualche frizione con qualcuno. Gli rispondo perentorio di no che non ne ho ricordo. Non sono tanti dieci anni ma ne succedono di cose. Mosso dall’inconscio varco l’entrata del “Buco”. Mi avvolge una nebulosa scura, non respiro, mentre mi bagno i piedi con l’acqua che mi entra dalle scarpe. Santa acqua. lo scroscio mi ridà un senso».
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