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L'inchiesta

Il “tribunale” del clan Mallardo

Le intercettazioni svelano il ruolo di “giudice” del boss Domenico Pirozzi “’o pesante”

Il “tribunale” del clan Mallardo

Nel riquadro Domenico Pirozzi, alias “Mimì ’o pesante”, ritenuto dagli inquirenti il reggente del clan Mallardo

NAPOLI. Un “tribunale sociale” di camorra, una sorta di “Forum”, il popolare programma di Mediaset. Nel clan Mallardo succedeva anche questo: nel caso di controversie tra privati, ma pure tra società, a richiesta degli interessati interveniva come unico giudice Domenico Pirozzi detto “Mimì o’ pesante”, reggente del gruppo malavitoso di Giugliano fondatore e componente dell’Alleanza di Secondigliano. Le sue decisioni non erano appellabili, come quelle della Cassazione.

L’ultima inchiesta sul clan Mallardo ha scoperchiato un Vaso di Pandora ancora più pieno. Investigatori e inquirenti (carabinieri del Ros e procura antimafia di Napoli) sono riusciti a documentare senza l’aiuto dei pentiti attività inedite che riguardano l’organizzazione e in particolare il ruolo ricoperto da Domenico Pirozzi negli anni 2019 e 2020. È il periodo in cui “Mimì ’o pesante”, non a caso soprannominato così, era libero e dettava legge sul territorio.

Grazie alle intercettazioni acquisite inoculando un virus informatico sui cellulari di due affiliati al clan, sono stati scoperti il “tribunale sociale” e le disposizioni lasciate dal ras prima di essere arrestato in seguito al pronunciamento della Cassazione riguardo una condanna per camorra. Ma non solo: l’uomo nei 20 mesi in cui è stato libero ha gestito anche la cassa.

Nel dirimere le controversie tra contendenti, che spaziavano dai confini di terreni coltivati fino a questioni economiche, entrava in azione su richiesta delle parti e agiva (secondo la ricostruzione della Dda e ferma restando la presunzione d’innocenza degli indagati fino a eventuale condanna definitiva) attraverso uno dei suoi principali collaboratori: Andrea Abbate.

La decisione finale era irrevocabile e immodificabile in considerazione della riconosciuta autorevolezza. Altro punto importante ricostruito nella misura cautelare è l’attivismo di Domenico Pirozzi, documentato da un servizio di video osservazione a distanza fisso, nel lasciare disposizioni precise sulla gestione del sodalizio nel caso in cui la Cassazione avesse confermato la condanna con conseguente arresto per l’esecuzione della pena. Le disposizioni, comunicate a voce, venivano anche scritte per evitare equivoci interpretativi.

Alle inchieste succedutesi nel tempo sul clan Mallardo hanno collaborato, alcuni in maniera importanti e altri meno, numerosi pentiti: Filippo Caracallo, Giuliano Pirozzi, Carmine Alfieri, Massimo Amatrudi, Salvatore Izzo, Roberto Perrone, Benito Palma, Salvatore Torino, Alessandro Cocchi, Luigi Diana, Tommaso Froncillo, Luigi Giuliano, Ciro Pianese, Giovanni Chianese, Bruno D’Alterio, Oreste Spagnuolo, Rosario Salmonte, Domenico Bidognetti, Vincenzo Guadagno, Michele D’Alterio, Giuseppe Storace e Salvatore D’Arbitrio. L’indagine culminata nel blitz dell’altro ieri vede indagate 49 persone, delle quali 25 in stato d’arresto. Coinvolti nella vicenda giudiziaria anche alcuni importanti colleghi bianchi, tra i quali l’ex sindaco Antonio Poziello.

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