Tutte le novità
Giorno del ricordo
10 Febbraio 2025 - 07:30
Riccardo Rossi, al centro con la moglie Barbara, insieme a Gianfranco (figlio di Giordano Paliaga) e la moglie Maria
Il 10 febbraio è il Giorno del Ricordo, istituito in Italia nel 2004 per la tragedia delle Foibe. Riccardo Rossi, giornalista e missionario laico, è il discendente di profughi istriani, italiani costretti a lasciare la propria casa per sfuggire alle foibe.
«Considero questo giorno come una tappa di memoria che dà dignità ad una verità per decenni non raccontata. - racconta Rossi - Allo stesso tempo, però, sono anche felice, perché in tanto odio e violenza, la mia famiglia ha vissuto anche una storia di eroismo».
Ce la racconta?
«Il mio prozio Giordano Paliaga, fratello di mia nonna Maria, che era stato partigiano contro i nazi-fascisti, venne a sapere che sua sorella e i suoi figli piccoli, Arturo, che poi è divenuto mio padre, e Pierina, sarebbero stati uccisi e buttati nelle foibe; lui riuscì ad avvertirla in tempo e così lei riuscì a scappare con i bambini. Maria, istriana, era sposata con il soldato italiano Ubaldo Rossi; dovette abbandonare casa e lavoro, ma mise in salvo la sua vita e quella dei figli. Fu un gesto eroico quello di Giordano che, pur sapendo che metteva a rischio la sua vita per avvisare la sorella con i figli, non indugiò neanche un istante. Passarono tanti anni e Arturo, crescendo, mise su famiglia sposando Antonia; con lei ebbe tre figli, tra cui me, Riccardo, il più grande».
Che ricordo aveva suo padre di quei giorni?
«Arturo portava in sé tutto il dolore del ricordo dell’avere lasciato la sua casa natale da piccolo. Tutto questo malessere accumulato lo ha poi scaricato su di me e su mio fratello Maurizio, secondogenito. Ogni giorno era un tormento, fino alla fine dell’adolescenza. Crescendo, nei suoi discorsi, percepivo tanto dolore, perché non poteva più tornare nella sua città, Rovigno di Pola in Istria, perché essendo stato anche lui un soldato italiano non era gradito. Quando leggeva la sua tessera di riconoscimento, in cui si evinceva che era nato a Pola, in Iugoslavia (ora Croazia), vedevo lo smarrimento nei suoi occhi; lui si definiva italiano e non iugoslavo».
È mai ritornato nella terra di origine della sua famiglia?
«Sì. È stato bello incontrare dopo tanti anni parenti istriani e tessere ponti di amicizia, vedere i luoghi dove visse mio padre».
È una eredità familiare importante.
«Dopo anni di giornalismo, continuo a scrivere cercando di seminare solo la Verità. Da più di ventidue anni vivo di provvidenza. Da 9 anni sono sposato con Barbara, che mi ha seguito. Siamo due missionari laici, ora alla Missione di Speranza e Carità di Palermo. Insieme aiutiamo tante persone. Diamo il nostro contributo per accogliere profughi e migranti».
Copyright @ - Nuovo Giornale Roma Società Cooperativa - Corso Garibaldi, 32 - Napoli - 80142 - Partita Iva 07406411210 - La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo - Il giornale aderisce alla FILE (Federazione Italiana Liberi Editori) e all'IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo giornale può essere riprodotta con alcun mezzo e/o diffusa in alcun modo e a qualsiasi titolo