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L'intervista
19 Febbraio 2025 - 08:09
Giuseppe De Natale
NAPOLI. Oltre cinquecento le scosse che si susseguono ininterrottamente dal 15 febbraio e che generano paura e spavento tra la popolazione della zona flegrea e Napoli. Una sismicità provocata dalla stessa sorgente che genera anche dal sollevamento del suolo, come sostiene il vulcanologo Giuseppe De Natale, già direttore dell’Osservatorio Vesuviano, nonché esperto dei Campi Flegrei, che premette di rispondere «a titolo personale, per la mia esperienza».
Che cosa succede nell’area flegrea?
«Man mano che il livello del suolo sale, ci indica che anche la pressione interna sale: ma la pressione interna frattura anche le rocce, generando i terremoti. Al crescere della pressione interna, e quindi del livello del suolo, aumenta la sismicità: sia in frequenza che in magnitudo massima. Quello attualmente in corso, è lo sciame sismico più lungo e forte mai registrato ai Campi Flegrei. Oggi siamo ad un livello del suolo circa 40 cm più alto del massimo raggiunto nel 1984, e lo sciame di oggi è stato infatti il più forte in assoluto, in termini di energia liberata, mai registrato in quel territorio. E purtroppo, se il sollevamento dovesse continuare, dovremmo aspettarci una sismicità ancora maggiore, con magnitudo massima che potrebbe arrivare anche a 5: in termini di energia, oltre 10 volte più forte del terremoto di magnitudo 4.4 avvenuto il 20 maggio scorso. Questa evoluzione della sismicità era prevedibile e prevista, e lo sto dicendo dal 2018».
Professore, sta dicendo che tutto è già scritto?
«Con posta certificata, avvisai i vertici dell’Ingv che, in base ai nostri studi che evidenziavano questo meccanismo in fondo molto semplice ed intuitivo, la sismicità, che allora era molto contenuta, con magnitudo massime di poco superiori a 2, sarebbe aumentata significativamente e, se il livello del suolo avesse superato quello del 1984, avremmo avuto una sismicità anche più frequente e di magnitudo maggiore di quel periodo. Quando, ricordiamo, fu completamente evacuata Pozzuoli anche e soprattutto per il rischio sismico».
Dopodiché?
«Scrissi che bisognava avvisare le istituzioni nazionali e locali di protezione civile, per preparare il territorio e soprattutto per verificare gli edifici: se particolarmente fatiscenti, andavano consolidati, in cinque-sei anni si poteva fare, o evacuati. Nel settembre 2023, prima dei terremoti più forti che avvennero a partire dal 27 settembre, scrissi direttamente al prefetto di Napoli, avvisandolo che ormai bisognava urgentemente verificare gli edifici, almeno nell’area di maggiore si smicità, ben individuata e centrata su Agnano-Solfatara. A ottobre dello stesso anno il Governo, nel primo Decreto Campi Flegrei, come prima cosa stabilì proprio che bisognava urgentemente verificare gli edifici, in un’area anche più ampia di quella, minima, da me suggerita al prefetto».
Poi cosa successe?
«Il problema è che sembrò che la sismicità si affievolisse, perché ovviamente i terremoti più forti sono più rari, e non si fece nulla finché, nel maggio 2024, avvenne il terremoto a tutt’oggi più forte mai registrato in quest’area, di magnitudo 4.4. In seguito a quel terremoto, furono evacuate decine di edifici, perché gravemente danneggiati e fortunatamente non collassati. Il problema è che, da allora, la sismicità continua e, poiché il suolo continua a sollevarsi, potrà soltanto aumentare, sia in frequenza che in magnitudo massima. La magnitudo massima in quest’area, come mostrano sia calcoli teorici che la ricostruzione dei terremoti storici avvenuti prima dell’eruzione, unica in epoca storica, di Monte Nuovo del 1538, può arrivare a 5, che vuol dire oltre 10 volte più forte, in termini di energia, rispetto a quello di magnitudo 4.4 avvenuto nel maggio scorso. Quindi, è sempre più urgente verificare che non vi siano edifici particolarmente fatiscenti abitati: perché potrebbero collassare con i terremoti più forti, causando vittime. È importante inoltre sottolineare che anche gli edifici che hanno resistito in qualche modo sinora alle magnitudo massime sperimentate, non è detto che resisteranno anche in futuro a magnitudo simili: perché lo scuotimento prodotto dai terremoti continui nell’area deteriora progressivamente le strutture, rendendole sempre più vulnerabili. Questo è il rischio imminente da affrontare. Finora, nonostante le prescrizioni di legge, non mi risulta sia stato fatto nulla, o quasi».
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