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Spese “obbligate”, famiglie in ginocchio

In Campania per cibo, utenze e carburante si spende il 60,8% del budget casalingo

Spese “obbligate”, famiglie in ginocchio

NAPOLI. La preoccupazione per un bilancio familiare sempre più in bilico è una realtà per molte famiglie italiane, e in particolare per quelle campane. Le spese "obbligate", ovvero quelle necessarie per l'acquisto di cibo, carburante e il pagamento delle bollette, hanno raggiunto una media di 1.191 euro, pari al 56% della spesa totale (2.128 euro). Dopo il periodo del Covid e la crisi energetica che hanno segnato il triennio 2020/2022, le spese cosiddette "obbligate" si sono stabilizzate su livelli più elevati.

L'aumento dell'inflazione e la conseguente erosione dei salari hanno costretto molte famiglie a concentrare gli acquisti sui beni di prima necessità e sui trasporti. Scomponendo i 1.191 euro di spesa mensile "obbligata", si nota che 526 euro sono destinati all'acquisto di alimentari e bevande analcoliche, 374 euro per la manutenzione della casa, bollette e spese condominiali, e 291 euro per i trasporti (carburante e abbonamenti). A questi si aggiungono 937 euro di spese "complementari", portando la spesa complessiva media nazionale a 2.128 euro.

IL SUD ITALIA IN DIFFICOLTÀ: LA CAMPANIA TRA LE REGIONI PIÙ COLPITE. Analizzando la situazione per aree geografiche, emergono forti differenze tra Nord e Sud. Nel Mezzogiorno, la spesa complessiva mensile nel 2023 è stata di 1.758 euro, inferiore del 24,7% rispetto al Nord-ovest. Tuttavia, è proprio il Sud a registrare l'incidenza più elevata delle spese "obbligate": il 59,4%, contro il 55% circa del Nord.

LA CAMPANIA E LE ALTRE REGIONI MERIDIONALI: UN QUADRO PREOCCUPANTE. In particolare, la spesa media per i beni alimentari nel Mezzogiorno è la più alta d'Italia. Se in termini assoluti le famiglie del Nord spendono di più per cibo, bollette e carburante (con il Trentino Alto Adige in testa con 1.462 euro), in termini percentuali le regioni meridionali sono le più colpite: Calabria (63,4%), Campania (60,8%) e Basilicata (60,2%). Gli artigiani e i piccoli commercianti vivono prevalentemente dei consumi delle famiglie, sottolinea la Cgia.

La diminuzione degli acquisti e la concentrazione sulle spese "obbligate" hanno un impatto negativo sui fatturati delle piccole attività locali che devono fare i conti con tasse, affitti elevati, concorrenza della grande distribuzione e commercio online, ma soprattutto al calo dei consumi, che ha colpito soprattutto le famiglie più fragili e il ceto medio. In Campania, e in particolare a Napoli, il tessuto commerciale locale rappresenta un patrimonio importante da proteggere. Sostenere le piccole attività, promuovere il consumo di prodotti locali sono azioni fondamentali per contrastare la crisi e preservare l'economia del territorio.

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