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Calvario in corsia

Morì per infezione contratta in ospedale, periti confermano

Il legale della famiglia di Clorinda Porrino pronto a chiedere un risarcimento milionario: patologia mal curata

Morì per infezione contratta in ospedale, periti confermano

NAPOLI. Ancora un caso di malasanità. Sessantasettenne muore dopo un calvario durato 45 giorni, a causa di un’infezione contratta in ospedale. I periti nominati dal tribunale danno ragione ai ricorrenti e, nella “relazione di accertamento tecnico preventivo” scrivono: «Un diverso approccio nella prevenzione avrebbe potuto evitare il tragico epilogo».

Ora per i familiari della donna si profila ora un risarcimento milionario. L’avvocato Angelo Melone, legale della famiglia, ha dichiarato: «Le infezioni ospedaliere sono una piaga silenziosa, ma troppo spesso ignorata».

La vicenda riguarda la morte di Clorinda Porrino. La donna, venne ricoverata all’ospedale Monaldi nei primi giorni di agosto del 2023 per essere sottoposta ad un intervento vascolare di routine, ma da quel giorno non è più uscita dalla struttura sanitaria.

Nella stessa giornata del ricovero, la signora Clorinda fu sottoposta ad un tentativo di rivascolarizzazione iliaco-femorale destro che non ebbe l’esito sperato. Ne seguirono almeno una mezza dozzina ma le condizioni della paziente si facevano sempre più gravi tanto che a settembre, una decina di giorni prima del suo decesso a causa dell’infezione contratta, fu necessario l’amputazione dell’arto inferiore destro al di sopra del ginocchio.

Insomma un vero e proprio calvario che vedeva partecipi i suoi familiari che speravano in un miracolo. Dopo il prematuro decesso i parenti hanno deciso di voler conoscere la verità, dando mandato all’avvocato Angelo Melone, un vero e proprio esperto nel settore del diritto sanitario. Nel giro di meno di un anno tutta la verità è venuta a galla.

Nella consulenza tecnica a firma dei periti nominati dal tribunale (Giuseppe Aragiusto e Alessandro Cerracchio), specialisti in chirurgia vascolare e medicina legale, è giunta la conferma che c’erano state “gravi carenze nella gestione clinica della paziente”. In particolare è emerso, che la profilassi antibiotica è stata inadeguata sia nel primo intervento che nei successivi, favorendo l’insorgere di un’infezione post-operatoria fatale.

«Non si tratta di un caso isolato – ha dichiarato l’avvocato Melone - le infezioni ospedaliere sono una piaga silenziosa che troppo spesso viene sottovalutata. È inaccettabile che un intervento di routine si trasformi in una condanna a morte per la negligenza della struttura sanitaria».

Ogni anno in Italia circa 430mila pazienti ricoverati in ospedale contraggono un’infezione nosocomiale e, 11mila persone ogni anno muoiono a causa di queste infezioni ospedaliere, una cifra che fa dell’Italia uno dei Paesi europei con la più alta mortalità evitabile per questo tipo di complicanze.

«La prevenzione delle infezioni ospedaliere – chiosa l’avvocato Melone - deve diventare una priorità assoluta. Migliorare l’igiene, adottare protocolli più rigidi e garantire una formazione continua del personale sono misure essenziali per evitare tragedie evitabili. Quante altre vittime dovremo piangere prima che il sistema sanitario prenda sul serio questa emergenza?».

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