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Riccardi, l’accusa bis di estorsione

Il retroscena della cattura del reggente del clan De Micco: «Hai capito che ti picchio?»

Riccardi, l’accusa bis di estorsione

Nel riquadro Fabio Riccardi, 41 anni

NAPOLI. «Non hai ancora portato i soldi…ma hai capito che ti picchio?». Così, nella ricostruzione degli inquirenti, si rivolse Fabio Riccardi a un pregiudicato di Ponticelli al quale i complici del clan De Micco avevano chiesto il “pizzo” su una truffa ben riuscita. La vittima però non volle pagare e denunciò la vicenda ai carabinieri, che già indagavano su un quartetto vicino ai “Bodo” di Ponticelli: il 41enne “Fabiolino”, in quel periodo reggente del gruppo; Giuseppe Perrella, tuttora irreperibile; Romualdo Amitrano e Alessio La Volla. Tutti comunque, da ritenere innocenti fino all’eventuale condanna definitiva.

Sul capo di Fabio Riccardi pendevano due ordinanze di custodia cautelari, una emessa a ottobre e l’altra a novembre dell’anno scorso. La prima vicenda riguarda il sequestro di persona nei confronti del fratello di una ras di un clan avverso ai De Micco, la seconda ha per oggetto il tentativo di estorsione al truffatore di Ponticelli che aveva guadagnato un po’ di soldi e secondo il gruppo dei “Bodo” doveva pagare una tangente. Ma i militari dell’Arma il giorno delle due esecuzioni dei provvedimenti restrittivi , non trovarono a caso il 41enne.

Invece venerdì pomeriggio è andata diversamente: localizzato il ricercato in un appartamento di via Ungaretti, sono scattate le manette e il trasferimento al carcere di Secondigliano, dato che le accuse sono aggravate dal metodo mafioso. Fabio Riccardi, pur non avendo condanne a carico per camorra o fatti di sangue, è un personaggio noto agli investigatori che seguono la malavita dell’area orientale della città.

Amico dei De Micco, si sarebbe legato organicamente al clan finendo nel mirino della Dda quale reggente negli ultimi mesi del 2024. Dopo la richiesta di misura cautelare dei pm dell’antimafia, il gip ha firmato un provvedimento restrittivo nei confronti di quattro persone: Fabio Riccardi, detto “Fabiolino”; Giuseppe Perrella, Romualdo Amitrano (figlio del più noto Domenico detto “Mimì ’a puttana”) e Alessio La Volla. Tutti considerati vicini ai De Micco.

Il sequestro di persona in concorso, contestato, è aggravato dal 416bis. Le indagini dei carabinieri, una volta saputo dell’anomalo rapimento del fratello del ras detenuto Francesco Audino “’o cinese”, avvenuto in un bar del rione De Gasperi, partirono immediatamente. Gli uomini dell’Arma si recarono a casa dell’uomo e lo interrogarono.

Inizialmente la vittima diede una spiegazione non proprio precisa, avendo capito gli investigatori che si trattava di una vicenda di camorra nonostante l’uomo lavori onestamente e non partecipi alle attività del fratello, originario di Barra poi trasferitosi a Ponticelli.

Cosicché i carabinieri piazzarono una microspia nell’abitazione del rapito e visionarono con attenzione le immagini della telecamera interna e interna del locale, acquisendo diversi indizi e ricostruendo la dinamica del grave episodio. Alla base c’erano tensioni tra detenuti degli opposti clan in diverse carceri italiane, poi rientrate.

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