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Dazi Usa, la Campania sposta il tiro

A rischio in particolare le industrie conserviere, della pasta, del vino e della moda

Dazi Usa, la Campania sposta il tiro

Gaetano Torrente, Ciro Moccia, Carlo Palmieri, Milena Pepe

NAPOLI. In Campania le imprese guardano ai mercati emergenti per limitare i possibili danni procurati dai dazi Usa. La nube d’incertezza che gli Usa stanno gettando sul commercio internazionale sta comunque mettendo a rischio alcuni settori trainanti dell’economia regionale. Tra questi il comparto conserviero, come sottolinea Gaetano Torrente, della Sezione alimentare di Unindustria Napoli): «È uno dei comparti industriali che fa volare l’economia di alcuni territori con numeri sempre in crescita e da capogiro. La minaccia di dazi da applicare ad alcuni prodotti europei incute tuttavia timore che quanto sta sbandierando il presidente Trump possa mettere in crisi anche quelle aziende oggi sul podio dell’export che nel 2024 hanno toccato finanche una crescita del 38%. La preoccupazione è alta, la speranza è che si possa trovare un’intesa per evitare di danneggiare un comparto fino ad oggi trainante che dà ricchezza al territorio regionale».

Ciro Moccia, de La Fabbrica della Pasta di Gragnano e UnionFood parla invece di «preoccupazione generalizzata» e commenta: «Trump spara mille per ottenere cento, fermo restando che alcuni settori potranno essere colpiti. Noi, come azienda, siamo meno soggetti in quanto i dazi eventuali non dovrebbero colpire quei prodotti artigianali che esprimono qualità ma di massa. L’export di pasta è cresciuto ad un ritmo del 18% nel 2024 ed il 2025 si prospetta altrettanto positivo. La clientela spende qualche cosa di meno, ma punta sulla qualità della materia prima».

Anche Carlo Palmieri, vicepresidente Confindustria Moda con delega al Mezzogiorno, invita a evitare allarmismi dovuti alle dichiarazioni del presidente Usa nei confronti dell’Europa che, dice, «dovrà dire la sua, non subire e difendere il settore del lusso, tenuto conto che rappresenta un comparto punta di diamante del Made in Italy. Anche per il lusso e per la moda, la Cina non sarà più quella di prima. I grandi marchi italiani ed europei dovranno trovare nuove strategie in un ambiente più nazionalisticamente competitivo. Le imprese più solide dovranno essere pertanto pronte a proporsi investendo laddove l’abbigliamento di qualità apre nuove prospettive di crescita rafforzando al meglio gli accordi commerciali di libero scambio con i Paesi europei, individuando nuovi ambiti di collaborazione».

Anche il comparto dei vini non è immune dai dazi. Per Milena Pepe, della Tenuta Cavaliere Pepe, «il vino è uno dei settori del Made in Italy maggiormente esposto in caso di dazi nel primo mercato al mondo. Ma il danno sarà doppio perché se vorranno inevitabilmente rimanere competitive dovranno assumersi gran parte dell’extra onere richiesto, visto che il mercato non è in grado di sostenerlo. Se le misure protezionistiche americane venissero inasprite, la perdita complessiva per l’export regionale potrebbe toccare circa il miliardo di euro, con effetti a cascata sull’intera filiera produttiva e occupazionale. Già provate dall’inflazione e dall’aumento dei costi energetici, le imprese potrebbero trovarsi costrette a ridimensionare la produzione o cercare nuovi mercati per compensare le perdite».

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