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Camorra
28 Febbraio 2025 - 08:33
Nella foto Vincenzo Sarno “’o stuort”, ex boss di Ponticelli ed ex collaboratore di giustizia
NAPOLI. Collegamenti, incroci, ramificazioni. Attraverso intercettazioni a grappolo la procura di Brescia ha scoperchiato il vaso di Pandora che conteneva il progetto di uccidere l’ex pentito Domenico Amato, ma anche molto altro su cui sono in corso ulteriori indagini. Tant’è vero che 13 persone sono indagate nelle varie inchieste, tra le quali i cinque destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare eseguita l’altro ieri dal Centro operativo Dia del capoluogo lombardo.
Tra essi il ras di Ponticelli Vincenzo Sarno, il nipote Salvatore Sarno, Alessandro Dell’Anna, Giuseppe Parlo e Giovanni Faticato. Due di essi, allora residenti a Modena, avrebbero dovuto materialmente sparare ad Amato; un terzo, che vive a Genova, avrebbe fornito la pistola. Mentre Faticato, che da qualche tempo era tornato a Napoli e lavorava come pizzaiolo, avrebbe effettuato un sopralluogo nei pressi dell'abitazione dell'obiettivo, ad Urago Mella, quartiere di Brescia.
Per attirare fuori casa Amato sarebbe stata usata la diavolina, abitualmente utilizzata per accendere il camino: i pezzi bruciano lentamente, generando un incendio di piccole dimensioni. La sera del 22 gennaio 2022 però Domanico Amato, anche lui napoletano ma da tempo residente a Brescia, vedendo le fiamme dalla finestra intuì che l’incendio poteva essere uno stratagemma per costringerlo a uscire di casa.
Così, invece di andare a controllare di persona chiamò i Vigili del Fuoco. Un sospetto che gli salvò la vita: per la Dia di Brescia i killer erano già appostati e l’arrivo dei pompieri, con le forze dell’ordine, li avrebbe costretti a scappare. Fermo restando la presunzione d’innocenza di tutti gli indagati fino all’eventuale condanna definitiva, un ramo dell’indagine ha permesso l’arresto di altri due napoletani, accusati di possesso di arma da fuoco: Ciro De Magistris e Antonio Verterame, che nulla c’entrano con il tentato omicidio di Domenico Amato, va sottolineato.
Mentre in sette risultano indagati a piede libero per reati non legati a fatti di sangue. Figura centrale dell’inchiesta principale è il ras Vincenzo Sarno, collaboratore di giustizia che però era tornato a Ponticelli secondo gli inquirenti della Dda partenopea non solo per riorganizzare il clan e recuperare i soldi affidati a persone di fiducia prima di pentirsi, ma anche «per vendicarsi della morte del fratello Giovanni e del cognato Mario Volpicelli».
È stato Ciro Borriello a rivelare agli inquirenti i presunti propositi di Vincenzo Sarno, 54enne ex boss di Ponticelli del clan omonimo, destinatario in due giorni di altrettanti decreti di fermo il 5 e il 6 febbraio scorsi, entrambi convalidati dal gip: uno per il tentato omicidio di Domenico Amato e l’altro per l’omicidio di Gerardo Tubelli. Per quest’ultimo reato, avvenuto a Cercola nel 1996 e per il quale Sarno si è accusato, è competente la procura di Napoli, che nel frattempo ha chiesto per lui la revoca del programma di protezione sulla quale pende un ricorso al Tar dell’interessato.
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