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Clan Mallardo, salvo il reggente

Ordinanza annullata, il boss Domenico Pirozzi a un passo dalla scarcerazione

Clan Mallardo, salvo il reggente

NAPOLI. Un nuovo colpo di scena si abbatte sull’inchiesta che poche settimane fa ha colpito l’Alleanza di Secondigliano. L’ottava sezione del tribunale del Riesame di Napoli, presidente Antonio Pepe, ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, rimettendo formalmente in libertà il boss Domenico Pirozzi, alias “Mimì ’o pesante”, reggente del clan Mallardo, attualmente detenuto nel carcere di Rossano Calabro. I giudici della Libertà hanno dunque accolto e argomentazioni difensive degli avvocati difensori Luigi Poziello e Catia De Luca, disponendo la scarcerazione del boss, che resta detenuto per un residuo di pena di due anni. L’ultima inchiesta sul clan Mallardo ha scoperchiato un Vaso di Pandora.

Investigatori e inquirenti (carabinieri del Ros e procura antimafia di Napoli) sono riusciti a documentare senza l’aiuto dei pentiti attività inedite che riguardano l’organizzazione e in particolare il ruolo ricoperto da Domenico Pirozzi negli anni 2019 e 2020. È il periodo in cui “Mimì ’o pesante”, non a caso soprannominato così, era libero e dettava legge sul territorio. Grazie alle intercettazioni acquisite inoculando un virus informatico sui cellulari di due affiliati al clan, sono stati scoperti il “tribunale sociale” e le disposizioni lasciate dal ras prima di essere arrestato in seguito al pronunciamento della Cassazione riguardo una condanna per camorra.

Ma non solo: l’uomo nei 20 mesi in cui è stato libero ha gestito anche la cassa. Nel dirimere le controversie tra contendenti, che spaziavano dai confini di terreni coltivati fino a questioni economiche, entrava in azione su richiesta delle parti e agiva (secondo la ricostruzione della Dda e ferma restando la presunzione d’innocenza degli indagati fino a eventuale condanna definitiva) attraverso uno dei suoi principali collaboratori: Andrea Abbate. La decisione finale era irrevocabile e immodificabile in considerazione della riconosciuta autorevolezza. Altro punto importante ricostruito nella misura cautelare è l’attivismo di Domenico Pirozzi, documentato da un servizio di video osservazione a distanza fisso, nel lasciare disposizioni precise sulla gestione del sodalizio nel caso in cui la Cassazione avesse confermato la condanna con conseguente arresto per l’esecuzione della pena. Le disposizioni, comunicate a voce, venivano anche scritte per evitare equivoci interpretativi.

Alle inchieste succedutesi nel tempo sul clan Mallardo hanno collaborato, alcuni in maniera importanti e altri meno, numerosi pentiti: Filippo Caracallo, Giuliano Pirozzi, Carmine Alfieri, Massimo Amatrudi, Salvatore Izzo, Roberto Perrone, Benito Palma, Salvatore Torino, Alessandro Cocchi, Luigi Diana, Tommaso Froncillo, Luigi Giuliano, Ciro Pianese, Giovanni Chianese, Bruno D’Alterio, Oreste Spagnuolo, Rosario Salmonte, Domenico Bidognetti, Vincenzo Guadagno, Michele D’Alterio, Giuseppe Storace e Salvatore D’Arbitrio. L’indagine culminata vede indagate 49 persone, delle quali 25 arrestate.

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