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Spiagge, in Campania manca una linea comune

Assobalneari: «Le Regioni delegano e i Comuni vanno in ordine sparso»

Spiagge, in Campania manca una linea comune

NAPOLI. Con l'imminente stagione estiva il nodo legato alla categoria dei balneari è lontano dall'essere sciolto a causa delle concessioni che variano da comune a comune. Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari, l'associazione che riunisce le imprese balneari aderenti, a livello nazionale, al sistema Federturismo Confindustria ritiene infatti che «con la normativa vigente - spiega - ogni Comune si muove come ritiene meglio, con la conseguenza di una totale disomogeneità e di confusione sul territorio».

Anche nella stessa regione, infatti, come sta avvenendo in Campania, Comuni limitrofi fanno gare «adottando diversi principi, con differenti durate di concessioni, determinando anche una disparità di trattamento tra i concessionari. C'è chi sceglie, infatti, anche di aspettare il 2027 per fare le gare». «Ci sono solo due Regioni - ricorda - che hanno mantenuto l'operatività sulla vicenda, mantenendone la delega: Basilicata e Sicilia. Tutte le altre hanno invece delegato la materia ai Comuni. Le Regioni potevano dare molta più omogeneità nell'affrontare la questione sul territorio regionale, non quello che sta avvenendo a macchia di leopardo». In Campania per esempio, un concessionario che è in un Comune piuttosto che in un altro si ritrova infatti ad affrontare le cose in modo diverso rispetto al vicino.

«Ci sono dei Comuni che hanno spiagge confinanti con trattamenti totalmente diversi». «Sulla questione dei balneari - avverte - il governo italiano era sulla strada giusta attivando un tavolo per verificare l'applicazione della Direttiva Bolkestein, cioè se ci sono gli estremi per fare le gare. Ma il tavolo ha prodotto un valore di risorse disponibili che ha spiazzato Bruxelles, che pensava che l'Italia non avesse molta risorsa disponibile».

«Questa situazione - ribadisce - ha provocato la dura reazione dei tecnocrati di Bruxelles che hanno imposto la loro linea al governo italiano, che ha frettolosamente accettato facendo un repentino dietro front su quella che era stata la strada intrapresa. Il tavolo tecnico è stato abrogato ed è stata varata una nuova normativa che non tiene più conto dei dettami dell'articolo 12 della Direttiva: cioè che le gare si fanno quando la risorsa è scarsa. In questo modo si è dato un colpo di spugna a un lavoro proficuo svolto da ben 9 Ministeri italiani e lo avrebbe potuto indicare anche agli altri paesi europei lo stesso percorso». La Direttiva dice che le spiagge sono concessioni di beni e non di servizi. L'articolo 12 inizia con il termine “qualora” la risorsa sia scarsa si fanno le gare.

«Però in Italia non c'è un'obiettività -dice il presidente Licordari siamo alla ricerca di un giudice a Berlino che finalmente faccia uscire finalmente fuori la verità». «Tuttavia, si deve dire all'Europa che ci sta imponendo una cosa e che noi continuiamo con la verifica della scarsità della risorsa, procedendo a fare le gare solo se le risorse sono scarse. Per questo con l'Europa si dovrebbe così avviare un contenzioso».

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