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L'indagine

Scoppia la faida delle gang, fari puntati sul rione Sanità

Il commando che ha ucciso Emanuele Durante partito dai vicoli della Stella

Scoppia la faida delle gang, fari puntati sul rione Sanità

Le indagini sul delitto sono condotte dai carabinieri; nel riquadro la vittima, il ventenne Emanuele Durante

NAPOLI. Corsa contro il tempo per stanare i sicari che hanno ucciso Emanuele Durante. Si sta delineando, con il passare delle ore, la dinamica che è costata la vita nella prima serata di sabato al 20enne di Forcella assassinato a colpi di pistola lungo via Santa Teresa degli Scalzi.

Il giovane, contrariamente a quanto emerso inizialmente, non era in sella a uno scooter ma all’interno di una vettura con una ragazza. Quando è stato raggiunto dai colpi di pistola, un automobilista di passaggio lo ha accompagnato insieme alla giovane al pronto soccorso del Pellegrini. Dove e come sia maturato questo delitto è ancora tutto in fase di accertamento da parte dei carabinieri del comando provinciale.

Il giovane era imparentato con Annalisa Durante, la ragazza vittima innocente della camorra uccisa nel 2004. Il papà di Annalisa è il fratello del nonno della vittima. Tornando al delitto, gli investigatori dell’Arma stanno cercando di fare luce sulle frequentazioni di Durante, che aveva alcuni piccoli precedenti alle spalle, che da qualche tempo frequentava gli ambienti delle Case Nuove, zona attualmente in contrasto con alcune paranze di giovani criminali con base nel rione Sanità.

Gli inquirenti temono il rischio di una nuova escalation di sangue e non escludono che il delitto di sabato possa essere collegato alla morte violenta di Emanuele Tufano, ucciso a fine ottobre nei pressi di corso Umberto I. «Carissimo Giannino, prima di tutto ti abbraccio in questo momento di prova per la tua famiglia.

La perdita di un giovane congiunto è sempre una tragedia». Si apre così la lettera di don Tonino Palmese e della Fondazione Polis rivolta a Giannino Durante, papà di Annalisa, la 14enne morta il 27 marzo 2004 a Forcella, vittima innocente di camorra uccisa da un proiettile esploso in un conflitto a fuoco in cui lei rimase tragicamente coinvolta.

«Preferisco scriverti perché in queste ore - scrive don Tonino Palmese - il continuo richiamo all’uccisione di Emanuele e ciò che tu stai facendo da 21 anni in memoria di Annalisa potrebbe diventare nell’immaginario collettivo (e non solo) quasi un invito alla rassegnazione e alla constatazione della sconfitta. Tutti, alla luce di un delitto subìto o fatto da un giovane, siamo bravi nel dire che fare bene a Napoli è inutile ma la tua testimonianza che parte dalla donazione degli organi di Annalisa, fino a queste ore dove la biblioteca accoglie centinaia e migliaia di giovani è la dimostrazione che se non ci fossi stato tu, Annalisa sarebbe stata uccisa ogni giorno dalla rassegnazione, dall’oblio e persino dalla giustificazione “fisiologica” della morte in una città come la nostra».

«Tua figlia invece - si legge ancora nella lunga lettera - è diventata per migliaia di persone il motivo per cui vale la pena vivere... fino in fondo e che nessuna cosa al mondo, compresa la morte, possa giustificare il nostro restare in vita da “cadaveri”. Dobbiamo continuare a portare i ragazzi a credere che “la cultura salva l’anima”».

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