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Miano
21 Marzo 2025 - 08:46
Nei riquadri gli imputati Nicola Di Febbraro e Bernardo Torino
NAPOLI. Avevano alzato troppo la testa, tanto da decidere di mettere in piedi un gruppo autonomo. Il clan Lo Russo, all’epoca monopolista incontrastato degli affari illeciti da Miano fino al rione Sanità, passò subito alle vie di fatto decretandone l’eliminazione. L’agguato scattò a Chiaiano il 30 gennaio 2008, ma la trappola mortale testa a Vittorio La Sala, pentitosi poco dopo, e Giuseppe Paternoster non andò a buon fine per una pura casualità.
Le vittime designate, nonostante le ferite riportate, riuscirono infatti a salvarsi. Dopo quasi vent’anni di indagini, ieri mattina è arrivata la sentenza di condanna per alcuni dei presunti pertecipi al raid: il ras Nicola Di Febbraro e Giovanni Sirio, che hanno incassato 11 anni di carcere a testa. Il collaboratore La Sala, imputato per armi, se l’è cavata invece con 3 anni. Il processo celebrato con il rito abbreviato ha però riservato un inatteso, importante colpo di scena: l’assoluzione ottenuta dal ras Bernardo Torino, alias “Limone”, nipote del boss pentito Salvatore Torino “’o gassusaro”.
Nel suo caso si sono rivelate determinanti le argomentazioni portate in aula dal suo legale, l’avvocato Domenico Dello Iacono, il quale ha messo in evidenza una lunga serie di discrepanze emerse dalle testimonianze degli accusatori. Vittorio La Sala, la persona offesa, aveva fatto il suo nome solo nel corso del terzo interrogatorio al quale era stato sottoposto dopo il pentimento.
Quanto a Mariano Grimaldi ed Emanuele Ferrara, rispettivamente ex affiliati ai clan Lo Russo e Stabile, il primo non ha mai fatto il suo nome, il secondo l’ha indicato “de relato” riferendo di un incontro con l’allora capoclan Antonio Lo Russo, che avrebbe dato il consenso all’agguato. Lo Russo, oggi anch’egli collaboratore di giustizia, nelle sue ricostruzioni dell’agguato del 2008 non ha però mai fatto riferimento alla presenza di Torino junior nel commando. Davanti a un quadro indiziario non proprio granitico, il gup Comella ha quindi disposto l’assoluzione del presunto killer.
Di tutt’altro avviso era stata la Procura: il pm Mozzillo aveva infatti chiesto 9 anni a testa per Di Febbraro, Sirio e Torino, e 4 anni per La Sala. Secondo la ricostruzione della Dda, Di Febbraro sarebbe stato il mandante del tentato omicidio, Francesco Bara (poi ucciso nel 2012) avrebbe materialmente premuto il grilletto. Gli altri, compreso un minorenne, avrebbero invece concorso con compiti strumentali alla fase esecutiva.
Dopo aver incontrato quel giorno Di Febbraro in una concessionaria di auto in via Janfolla, Torino e il minorenne, e Sirio e Bara si sarebbero messi alla guida di due moto. Insieme a loro, su un terzo motociclo, c’erano anche La Sala e Paternoster. La trappola sarebbe scattata dopo pochi chilometri, nei pressi della stazione della metropolitana di Chiaiano. Entrambe le vittime furono ferite con numerosi colpi di pistola, ma riuscirono miracolosamente a cavarsela, seppur dopo una lunga degenza. Dopo diciotto anni, ieri mattina, sono arrivate due condanne.
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