Tutte le novità
l'appello
30 Marzo 2025 - 10:39
SANT’ANTONIO ABATE. Il Castello delle Cerimonie, o meglio il Grand Hotel La Sonrisa, è stato oggetto di confisca, per il reato di lottizzazione abusiva. Salviamolo, proteggiamolo, conserviamolo, vi spiego perché. Lancio un appello immediato perché questo monumento del costume, della civiltà, della cucina, del gusto, sia salvato, subito, prima che sia troppo tardi. Non capisco come una struttura del genere, che dà lavoro tra maestranze dirette e indirette a centinaia di persone, possa passate nelle mani torbide, indelicate, distruttrici, di un organismo che, invece di occuparsi di faccende serie, reprime realtà occupazionali rilevanti.
Il Comune, proprio come scritto di recente in un provvedimento emesso dalla Corte di appello di Napoli, ha poi contribuito a creare il caso giuridico ora all’attenzione anche della Suprema Corte di Cassazione e della Corte di appello di Roma . Su tutto questo ovviamente sono fortunato, l’avvocato dell’ultimo miglio, il nuovo difensore dei Polese, che sta cercando di risolvere l’oramai difficile ed intricato caso giudiziario, è un caro amico, il cassazionista Dario Vannetiello. Ma non voglio arrivare subito a conclusioni affrettate, voglio fare un viaggio prima antropologico, poi di costume, poi giuridico.
La prima cosa da dire è che una struttura produttiva va sempre salvata in Campania, si parla di centinaia di posti di lavoro, in una zona in cui solo la camorra dà lavoro (dopo l’aborto Fincantieri, e sarebbe utile l’intervento del Governo in quella fabbrica, ad ammonire le scellerate scelte dei manager razzisti che stanno uccidendo la cantieristica al Sud, preferendo gli stabilimenti del Friuli, Monfalcone o quello ligure) e va sempre detto, nel rispetto della legge; non mi stancherò mai di dire: non sempre la magistratura ha colpe, come in questo caso. Esistono sentenza da rispettare, esiste la legge, ma il costume questa volta deve poter durare, manifestarsi, continuare. Dunque azzeriamo tutto.
Lo confesso, per anni ho seguito di sbieco, incuriosito, poi sempre più divertito, le performance spettacolari del Castello delle Cerimonie di Sant’Antonio Abate. Un luogo dove si celebrano i matrimoni per tutte le coppie d’Italia. In tv, su Discovery, ne hanno fatto un programma seguitissimo, poi ho cercato di raccogliere altre informazioni; poi ovunque se ne avesse notizia mi precipitavo a leggere, una volta ho accettato anche l’invito a un matrimonio: che cucina, che fasti d’altri tempi, e stavolta, che eleganza. All’inizio mi meravigliavo di me stesso, osservavo per caso germi di regressione estetica, come potevo essere indulgente con una manifestazione così clamorosa?
Non lo so, ma ho il dovere di raccontarvi tutto. Piano piano l’entusiasmo di quelle coppie, vere anime genuine, che dal cuore antico e vero di Napoli, piombavano felici a parlare con i titolari del castello del loro giorno di nozze, delle pietanze, dei desideri, dei progetti mi ha segnato, davvero. Come ho potuto giustificare i miei conati pseudointellettuali con la narrazione di un fenomeno di costume come il Castello delle Cerimonie? Da una parte mi sentivo appagato per la cristallina e svizzera esecuzione dei piatti della tradizione napoletana, che per me è legge, poi mi sono ricordato dei pensieri della notte di Domenico Rea, tra i più bei racconti della letteratura italiana del secolo scorso.
Rea sarebbe rimasto incantato, mi sono detto, con Fofò, il suo compagno, il fido Virgilio animale, alla vista di un mondo del genere. Il mondo che non si inurba, che non cede al moderno, che non si piega al verbo unico del consumismo potente. Un mondo che resiste alla globalizzazione, che fa di Napoli l’ombellico del mondo nel linguaggio, nella comunicazione, nello spirito, nella canzone. Uno scampolo di civiltà unico, originale, abnorme. Parallelamente, mi scorrevano le pagine dell’antropologo Ernesto De Martino, una frase mi colpiva: la natura tende all’eterno ritorno perché è il modo più economico di divenire, perché è pigra. Il ciclo di una civiltà mai sparita.
A un certo punto, tra le smodate voglie culinarie di Pompei o di Ercolano e i banchetti del Castello delle Cerimonie ho trovato un filo particolare, forte, una visita a Pompei e un banchetto catartico al Castello. Domani in questo viaggio sarò più preciso, mi inoltro anche in aspetti diversi. Oggi voglio dare la stura a questo mio appello: fermiamo la voglia distruttrice delle istituzioni, che spingono il comune di Sant’Antonio Abate a radere a zero il Castello, fermiamo la follia di sordidi funzionari responsabili di tante inesattezze (come non aver risposto colpevolmente a tante richieste di condono, leggeremo domani nove prove nuove, introdotte dall’avvocato Vannetiello e tutte a favore del Castello) e del fatto che affidarlo in gestione alla casa comunale significherebbe distruggere un monumento. Da cosa sono spinti a distruggere un monumento?
Se la legge è stata rispettata, se esiste una confisca non esistono modi per salvare lavoro e tradizioni? Rispetto, serve rispetto.
(1. segue)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Copyright @ - Nuovo Giornale Roma Società Cooperativa - Corso Garibaldi, 32 - Napoli - 80142 - Partita Iva 07406411210 - La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo - Il giornale aderisce alla FILE (Federazione Italiana Liberi Editori) e all'IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo giornale può essere riprodotta con alcun mezzo e/o diffusa in alcun modo e a qualsiasi titolo