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Camorra
31 Marzo 2025 - 09:49
Nei riquadri la vittima dell’agguato, il ras Antonio Lago “’o magone”, e l’imputato Beniamino Ambra
NAPOLI. Gli indizi di colpevolezza a suo carico erano schiaccianti, ma grazie alle dichiarazioni confessorie rese nel processo è riuscito a ottenere il riconoscimento delle attenuanti generiche. Beniamino Ambra, 38enne accusato di aver fatto parte del commando che il 29 agosto 2023 ha provato a uccidere il ras di Pianura Antonio Lago ed Emanuele Marcello esplodendo almeno nove colpi di pistola, è riuscito a ottenere, al termine del processo di appello, un sostanzioso sconto di pena.
Ambra, difeso dall’avvocato Giuseppe Perfetto, ha incassato 8 annio e 4 mesi di carcere, cinque anni in meno rispetto a quanto rimediato in primo con il rito abbreviato, quando il giudice era andato persino oltre la richiesta di pena del pm. «Doveva fare sparare me», si fece scappare Beniamino Ambra nel corso di una telefonata intercettata dalla polizia.
Aggiungendo che “Carminiello”, identificato per Carmine Milucci, aveva commesso un grosso errore. La conversazione rappresenta uno degli indizi a carico degli imputati per il duplice omicidio Lago-Marcello e combacia con quanto affermato da un altro dei cinque arrestati, Emanuele Bruno, parlando con una donna: «Carmine non l’ha ucciso, l’ha preso solo a una coscia mentre “’o magone” diceva “non spararmi più”. Ora loro sanno che siamo stati noi e siamo in guerra. Hai capito che guaio ha fatto?».
«A zì, come si è sempre detto, ’o meglio pesce in mano... È quando lo fai con le mani tue», rispose la misteriosa interlocutrice. Si scoprono circostanze interessanti leggendo il decreto di fermo a carico di Patrizio Cuffaro, Emanuele Bruno (ritenuti gli organizzatori dell’agguato mirato a uccidere Antonio Lago ed Emanuele Marcello), Carmine Milucci, Beniamino Ambra e Antonio Campagna, presunti esecutori materiali. Gli altri coimputati sono stati condannati separatamente - Ambra è stato stralciato - a 9 anni e 4 mesi di carcere a testa.
Campagna conosceva “’o magone”, che nel letto d’ospedale recriminava contro di lui indicandolo con il soprannome: «Sasà, core mio... amore mio... mi è venuto addosso con lo scooter». In effetti l’investimento faceva parte del piano perché quasi in contemporanea, il 29 agosto in via Sartania a Pianura, entrarono in azione Ambra e Milucci, con il secondo che sparò. La ricostruzione del duplice tentato omicidio, attraverso cui è emerso che il gruppo Cuffaro-Marfella voleva eliminare il nipote degli storici boss Lago, è opera dei poliziotti della sezione Criminalità organizzata della Squadra mobile della questura, autori dell’indagine con il coordinamento della Dda.
Ferma restando la presunzione d’innocenza fino all’eventuale condanna definitiva, importanti si sono rivelate le prime intercettazioni nella corsia dell’ospedale San Paolo. Lago e Marcello erano ricoverati nella stessa stanza e nonostante temessero di essere ascoltati senza immaginare di essere anche osservanti da una micro-telecamera, qualcosa scappò. Da lì ai successi arresti il passo fu poi assai breve.
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