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Nuovi Scissionisti all’angolo, maxi-processo a un passo

La Dda dichiara concluse le indagini preliminari per il clan di Debora Amato

Nuovi Scissionisti all’angolo, maxi-processo a un passo

NAPOLI. La nuova cupola del clan degli Scissionisti a un passo dal rinvio a giudizio. Dopo la colossale retata di dicembre scorso, con l’esecuzione di oltre cinquanta arresti, ieri mattina la Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha dichiarato concluse le indagini preliminari per 57 indagati. Tra questi spiccano diversi elementi di spicco della cosca con base tra Secondigliano, Scampia e l’hinterland nord di Napoli, ma anche alcune inedite figure di vertice: su tutte la presunta ras Debora Amato, figlia della boss Rosaria Pagano e del defunto Pietro Amato, inquadrata come l’ultima reggente del clan.

L’atto firmato dai pm Giuliano Caputo e Lucio Giugliano è stato notificato ieri ai 57 indagati, i quali rischiano adesso di finire a processo con accuse pesantissime: su tutte quelle di associazione mafiosa, estorsione, ma anche traffico di droga. Toccherà in quel caso al collegio difensivo (composto dagli avvocati Leopoldo Perone, Domenico Dello Iacono, Roberto Saccomanno, Luigi Senese, Andrea Di Lorenzo, Maria Grazia Padula e Gandolfo Geraci) intavolare la migliore strategia: in molti potrebbero comunque optare per il rito abbreviato, puntando così a un importante sconto di pena in caso di condanna.

L’indagine, condotta dalla Dia, aveva dimostrato che il clan, dopo gli arresti dei capi storici, si era riorganizzato sotto l’egida delle sorelle Debora Amato e Monica Amato. Oltre ai tradizionali traffici di droga, business principale della storica cosca con basi a Melito, Mugnano e Arzano, c’era di più. Gli inquirenti hanno ricostruito l’attività di controllo delle aste giudiziarie, l’aggressione ai bonus fiscali, il racket spiegato dai maggiorenni ai minorenni: cosa dire e quando parlare in una specie di università del crimine organizzato.

Importante era taglieggiare, incutere timore e portare a casa i soldi del “pizzo”. L’indagine aveva così messo sotto i riflettori i discendenti degli Amato-Pagano, in uno scenario di infiltrazione fondato sul rapporto tra detenuti e affiliati liberi. Tra gli episodi più raccapriccianti era stato registrato quello di un padre che proponeva scherzosamente alla bimba di portarla con sé mentre compiva un’estorsione. Dopo avere contato i soldi del “pizzo” accumulato fino a quel momento, circa 3.500 euro, l’uomo decise di passare a chiederlo anche a un bar e a una concessionaria.

Dopo essersi messo in movimento in sella a uno scooter, incontra la compagna e la figlioletta, alla quale disse: «Mò babbo ti porta a fare l’estorsione». Per il protagonista dell’episodio il giudice aveva disposto la custodia in carcere. Nel direttorio del clan, oltre a Debora Amato, c’erano Gennaro Liguori (marito della nipote di Raffaele Amato del ’65); Enrico Bocchetti ed Emanuele Cicalese e Domenico Romano (marito di Debora Amato). Sul conto di quest’ultima, tradita anche da numerose intercettazioni telefoniche e ambientali, il collaboratore di giustizia Salvatore Roselli aveva riferito: «Riceveva la mesata... era la più terribile».

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