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01 Aprile 2025 - 08:52
NAPOLI. Una valanga di dichiarazioni di collaboratori di giustizia si è abbattuta su Salvatore Barile “Totoriello” e Gennaro Mazzarella “bomba a mano”, indicati in anni diversi sempre come componenti del clan Mazzarella: elemento di vertice il primo; con un ruolo non secondario il secondo. In dieci hanno parlato di loro, tra i quali Salvatore Giuliano di Forcella, che li conosceva già all’inizio degli anni duemila, prima quindi che si pentisse. I verbali resi ai pm antimafia hanno così fornito un quadro esauriente swulla personalità dei due ras, destinatari a gennaio scorso di un’ordinanza di custodia cautelare per estorsione aggravata dal metodo mafioso.
A puntare il dito contro Salvatore Barile e Gennaro Mazzarella (figlio di Vincenzo Mazzarella, detto “’o vichingo” a sua volta cugino del capo storico Ciro Mazzarella “’o scellone”) sono stati, oltre a Salvatore Giuliano, Massimo Pelliccia, Cristiano Piezzo, Fortunato Piezzo, Daniele Baselice, Gennaro Buonocore, Carmine Campanile, Antonio Rivieccio, Tommaso Schisa, Umberto D’Amico. Le dichiarazioni dei pentiti, che abbracciano un lungo periodo, hanno contribuito in particolare all’inchiesta che il 28 gennaio scorso ha portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare per racket nel porto di Napoli. Tre i destinatari: Barile, Mazzarella e un incensurato di Ercolano.
Dalla ricostruzione degli inquirenti è emerso che Gustavo Alex Noviello voleva compiere un attentato, piazzando un ordigno all’ingresso della viletta in cui abitava la vittima. «Tutto in aria, ma dobbiamo stare attenti alle telecamere e quindi dobbiamo coprirci la faccia», diceva a Gennaro Mazzarella detto “bomba a mano”. Dal 28 gennaio i 3 indagati si trovano dietro le sbarre (Barile già lo era e ha ricevuto in carcere il provvedimento restrittivo): Gennaro Mazzarella, 52enne nipote di secondo grado dei fratelli boss con lo stesso cognome; Gustavo Alek Noviello, 33 anni, incensurato di Ercolano ritenuto vicino al gruppo malavitoso e in particolare al ras soprannominato “Bomba a mano” che chiama zio pur non essendo parenti, e appunto Salvatore Barile, 40enne del quartiere Poggioreale, familiare dei Mazzarella nonché ras di primo piano dell’organizzazione con compiti di reggente sul territorio fin quando è stato libero.
Tutti da ritenere innocenti fino all’eventuale condanna definitiva. I Mazzarella controllerebbero il racket nel Porto di Napoli e da ciò sarebbe derivata la pretesa del pizzo al titolare di un bar all’interno dello scalo. Ma dopo qualche esitazione e una prima denuncia ai carabinieri presentata dalla ex compagna, la vittima avrebbe confermato di essere sotto scacco. Nel frattempo erano partite le intercettazioni, incentrate sulla figura di Noviello al quale era stato inoculato sul cellulare un virus informatico. Grazie al cavallo di Troia dell’era post moderna i carabinieri della compagnia di Torre del Greco, coordinati dalla procura antimafia, hanno concluso brillantemente l’indagine.
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