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Camorra
03 Aprile 2025 - 08:55
_ Nei riquadri gli imputati Mario Reale, Giuseppe Savino, Vincenzo Silenzio, Antonio Marigliano e Pasquale Esposito detto “detersivo”
NAPOLI. Un clan decapitato dagli arresti e schiacciato dalle condanne. Processo dopo processo il cartello Reale-Rinaldi-Formicola esce sempre più con le ossa rotte dalle inchieste giudiziarie da cui è stato colpito negli ultimi anni. L’ultima stangata porta la firma della terza sezione penale collegio b, che per la holding mafiosa di San Giovanni a Teduccio ha disposto otto condanne, per un ammontare di oltre cento anni di carcere.
Le più alte sono state quelle inflitti ai presunti capizona Mario Reale e Antonio Marigliano, che hanno incassato rispettivamente 15 anni e 15 anni e 6 mesi di reclusione. Il collegio presieduto dal giudice Primavera ha poi inflitto 10 anni di carcere a testa per Pasquale Esposito, Vittorio Folliero, Giuseppe Savino, Vincenzo Silenzio e Domenico Gianniello. Giuseppe Milo ha rimediato invece 10 anni e 6 mesi di reclusione. L’unica assoluzione è stata quella disposta Vincenzo Vigorito, difeso dagli avvocati Leopoldo Perone e Salvatore Impradice, scagionato con formula piena per non aver commesso il fatto.
Il processo appena definito con il rito ordinario scaturiva dal maxiblitz che a maggio del 2021 aveva portato all’esecuzione di ben trentasette arresti nei clan RealeRinaldi, Formicola e Silenzio. Gli arrestati erano a vario titolo gravemente indiziati dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsione, detenzione e porto di armi da fuoco aggravati. Le indagini della Squadra mobile avevano ricostruito l’esistenza del cartello criminale Rinaldi-Reale-Formicola, operante prevalentemente nel quartiere San Giovanni a Teduccio ma con ramificazioni in altre zone della città di Napoli nell’ambito della sfera di influenza, direzione e controllo dell’Alleanza di Secondigliano in contrapposizione con il clan Mazzarella.
Le indagini hanno ricostruito attraverso le intercettazioni, sia telefoniche che ambientali, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e i riscontri, l’operatività del cartello e gli scontri armati con il clan Mazzarella a partire dalla seconda metà del 2014 e fino al 2019, attuati per il controllo delle attività illecite nell’area orientale della città, nelle zone di piazza Mercato e Porta Nolana, nonché a San Giorgio a Cremano e Portici. L’inchiesta aveva quindi consentito di ricostruire numerose stese, sparatorie in aria di colpi di pistola nei territori dei nemici, alcune compiute addirittura con gli Ak47, ma anche i tentati omicidi di Carmine Improta, Alfonso Mazzarella e Vincenzo Cozzolino, boss del clan Mazzarella.
Cuore pulsante dell’organizzazione era ed è il cosiddetto rione della “46”, il bunker del clan Rinaldi, il cui numero identificativo gli affiliati si facevano tatuare sulla pelle come simbolo di appartenenza. Dall’indagine era emerso poi anche l’uso dei social da parte di numerosi indagati. Gli inquirenti avevano infatti assistito sul web alla celebrazione dei vincoli camorristici e di ostentazione dei legami di appartenenza. Uno sfoggio pagato a suon di condanne esemplari.
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