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L'inchiesta

Giallo in carcere, suicida il ras neocollaboratore

Pietro Ligato, esponente della mala casertana, trovato privo di vita nell’istituto di Secondigliano

Giallo in carcere, suicida il ras neocollaboratore

Pietro Ligato

NAPOLI. Il ras della mala casertana trovato privo di vita nel carcere di Secondigliano. Pietro Ligato si sarebbe suicidato nel pomeriggio di giovedì, pochi giorni dopo la sua scelta di collaborare con la giustizia. Il nipote del boss Vincenzo Lubrano si sarebbe tolto la vita all’interno della sua cella nel penitenziario napoletano. Il 53enne di Pignataro Maggiore è figlio di Maria Giuseppa Lubrano, sorella del boss Vincenzo Lubrano, e di Raffaele, boss referente dei Casalesi.

Da circa due settimane Pietro Ligato aveva iniziato il suo di collaborazione con la giustizia. La famiglia Lubrano è legata con il clan Nuvoletta di Marano. Ligato era stato arrestato a gennaio 2023 nell’ambito di un’indagine della Dda di Napoli che disvelò la piena operatività dello storico clan da sempre attivo nella zona di Pignataro Maggiore, definita la Svizzera del clan. I tre sono figli del capoclan defunto della camorra casertana Raffaele Ligato.

Un clan ricostituitosi attorno alla figura di Pietro Ligato, che dopo la scarcerazione avvenuta qualche anno fa, riprese in mano le redini della cosca fondata dal padre, iniziando a battere il territorio per le estorsioni e a minacciare eventuali concorrenti che volessero occupare lo “spazio criminale”.

«Dall’inizio dell’anno in Italia sono già 27 i suicidi tra le persone private della libertà personale, 457 i tentativi di suicidio. In Campania è il terzo suicidio, dopo i due che ci sono stati nel carcere di Poggioreale». È il commento del garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello, che aggiunge: «Ogni tre giorni muore una persona in carcere. Non c’è una sola motivazione che porta al suicidio ma ci sono più concause, credo che il gesto di Pietro non sia dato da un’unica causa. Non parliamo di una logica lineare causa-effetto ma di un sistema complesso. I suicidi in carcere sono un tema scabroso e cruciale. Il tema carcere non può essere ristretto a pochi o connotato ideologicamente, ma riportato sull’utilità della pena», conclude il garante.

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