Cerca

Camorra

Faida nel clan Puca: assolto

Colpo di scena dopo l’annullamento in Cassazione, i collaboratori di giustizia e le intercettazioni non convincono

Faida nel clan Puca: assolto

Nel riquadro la vittima dell’agguato, il collaboratore di giustizia Claudio Lamino

NAPOLI. Accuse in frantumi per l’ex reggente del clan Puca, Amodio Ferriero. Imputato per il tentato omicidio di Claudio Lamino, poi divenuto collaboratore di giustizia, dopo l’annullamento con rinvio disposto lo scorso anno dalla Corte di Cassazione, Ferriero ieri mattina è assolto al termine del processo di appello-bis.

A spuntarla sono state dunque le argomentazioni dei suoi legali, i penalisti Antonio Abet e Marco Muscariello, i quali hanno dimostrato l’incongruenza tra i racconti dei pentiti che accusavano Ferriero e alcune zone d’ombra emerse dalle intercettazioni. Ferriero resta intanto però ancora imputato per l’omicidio di Francesco Verde “’o negus”, delitto per il quale è stato condannato all’ergastolo ma per il quale è ancora pendente il ricorso per Cassazione. Sul caso i giudici di piazza Cavour si erano pronunciati ad aprile dello scorso anno.

Gli Ermellini avevano annullato le condanne a carico di due dei presunti pezzi da novanta del “sistema Sant’Antimo”, lo stesso per il quale sono imputati, ma nel filone dibattimentale, anche i fratelli Cesaro. Tutto da rifare - fu la decisione - per il ras Amodio Ferriero, cugino e alter ergo del boss Pasquale Puca “’o minorenne”, e il figlio Antonio Ferriero. Il primo è accusato di tre episodi di estorsione e del tentato omicidio del collaboratore di giustizia Claudio Lamino, mentre il secondo “solo” di associazione mafiosa.

Gli Ermellini avevano annullato con rinvio la condanna inflitta ad Amodio Ferriero per il tentato omicidio e al figlio per quanto concerne l’accusa associativa. Per gli altri coimputati il verdetto era stato invece sostanzialmente confermato. Tra i protagonisti dell’indagine comparivano, oltre ai volti noti della camorra di Sant’Antimo, anche i fratelli Cesaro. Per tutti l’imputazione era a vario titolo quella di concorso esterno: duque nessuna accusa associativa.

Antimo Cesaro, attraverso la gestione del centro polidiagnogistico “Igea”, avrebbe realizzato secondo i pm una società occulta con Pasquale Puca, consentendo a quest’ultimo di reimpiegare i proventi delle attività illecite e ottenendo di riflesso «protezione da ogni interferenza ambientale », così da «operare in totale tranquillità nelle ulteriori iniziative imprenditoriali intestate ai fratelli Aniello e Raffaele. Contestazione analoga viene poi mossa nei confronti di Aniello e Raffaele Cesaro: in questo caso la “schermatura” sarebbe però avvenuta attraverso l’acquisto e la successiva edificazione del centro commerciale “Il Molino”.

Luigi Cesaro, sempre secondo la linea della Procura, avrebbe invece fatto da interfaccia prima con Pasquale Puca, poi con il figlio Lorenzo e con l’ex consigliere comunale Francesco Di Lorenzo, nei rapporti tra il clan e la politica locale. L’“interferenza” sarebbe avvenuta in particolare in occasione delle Amministrative tenutesi a Sant’Antimo nel 2007 e più di recente in quelle del giugno 2017. In primo grado Aniello Cesaro e Raffaele Cesaro sono stati condannati a 10 anni e 6 mesi, Antimo Cesaro a 11 anni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori