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Il boss Pecorelli va al 41-bis

Stangata per il ras di Miano, il ministro della Giustizia lo spedisce al carcere duro

Il boss Pecorelli va al 41-bis

Nel riquadro il capoclan di Miano Oscar Pecorelli “’o malommo”, 46 anni

NAPOLI. Game over per l’ultimo boss “vecchia scuola” della mala di Miano. Oscar Pecorelli, alias “’o malommo”, ieri sera ha ricevuto una notizia per lui quantomeno poco felice. Ritenendolo ancora socialmente pericoloso e, soprattutto, in grado di impartire ordini agli affiliati nonostante la detenzione, il ministro della Giustizia ha emesso il decreto con cui ne dispone il trasferimento al 41- bis. Contatti con i familari e gli altri detenuti ridotti dunque ai minimi termini per Pecorelli almeno per i prossimi due anni.

Il ras di Miano si trova attualmente ristretto nel carcere di Agrigento, ma a giorni sarà assegnato a un nuovo istituto di massima sicurezza. La partita potrebbe però non essere ancora chiusa. Il suo difensore, il penalista Domenico Dello Iacono, è infatti pronto a impugnare il decreto ministeriale innanzi al tribunale di Sorveglianza per chiederne la revoca. Oscar Pecorelli era stato nuovamente arrestato il 24 gennaio scorso.

Nonostante la lunghissima detenzione, il ras aveva continuato a dare ordine dal carcere di Opera. Oscar Pecorelli, che ha compiuto oggi 46 anni, ritenuto uno dei capi storici del clan Lo Russo, ristretto dal 2010 in quanto condannato all’ergastolo per gravi fatti di sangue, non aveva alcuna intenzione di gettare la spugna.

A lui, alla moglie, Mariangela Carrozza, 43 anni, e al figlio della coppia, Rosario Pecorelli, da qualche giorno 19enne, erano stati notificati, rispettivamente, due arresti in carcere e uno ai domiciliari per i reati, contestati a vario titolo dalla Procura di Napoli (pm Maria Sepe, procuratore aggiunto Sergio Amato) di associazione armata di tipo mafioso, riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, estorsione e usura aggravate dal metodo mafioso, frode e accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti.

L’ordinanza era stata notificata dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli e dal Nucleo Investigativo Centrale di Roma della Polizia Penitenziaria, in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata. Indagati a piede libero risultavano invece Francesco Battimiello, Vincenzo Bocchetti e Oscar Pecorelli “il buono”. Pecorelli per tenersi in contatto con il clan utilizzava in carcere dei cellulari clandestini, messaggi whatsapp e mail. Inoltre, avvalendosi della moglie e del figlio, avrebbe continuato a dirigere attività di riciclaggio e di usura, impartendo direttive ai propri familiari e sodali per riscuotere i proventi del racket.

La disponibilità di denaro ha spinto i Pecorelli a dedicarsi all’usura. E quando c’erano “problemi” le vittime venivano minacciate. I proventi venivano destinati all’acquisto di orologi di lusso finanche all’estero, in particolare a Dubai, con pagamenti in criptovaluta. La famiglia del boss, per sfuggire ai controlli, aveva intestato a prestanome immobili e diverse imprese. Il ras risultava poi l’effettivo titolare di un appartamento a due passi dall’aeroporto di Capodichino adibito a b&b.

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