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L'inchiesta

Il rapimento choc in un video: «Paga subito e niente polizia»

Le chat che hanno portato al fermo di Amaral: «Porta un milione e mezzo»

Il rapimento choc in un video: «Paga subito e niente polizia»

Nella foto un frame del video del rapimento del quindicenne di San Giorgio a Cremano

NAPOLI. Era in possesso di Antonio Pacheco Amaral de Oliveira, al momento unico dei tre rapitori in cella, il telefonino utilizzato per chattare con il padre del 15enne. Un indizio forte in mano agli inquirenti per accusare il 24enne di sequestro di persona a scopo di estorsione, aggravato dal metodo mafioso. «Se vuoi rivedere tuo figlio devi portarci un milione e mezzo di euro. Ti diremo noi dove, ma entro la giornata. E assolutamente niente polizia».

Potrebbe essere stato lui a scrivere le frasi rimaste in memoria e a interloquire con Giuseppe Maddaluno oppure uno dei due complici. Però in ogni caso gli investigatori della Mobile della questura sono stati subito certi che l’ex dipendente di un autolavaggio gestito dell’imprenditore facesse parte della piccola banda entrata in azione clamorosamente alle 8 di martedì scorso. Poi lui ha confessato davanti al pm Woodcock, che sta coordinando le indagini. Alle 10 di oggi è in programma l’udienza di convalida per Antonio Pacheco Amaral de Oliveira, difeso dall’avvocato Angelo Rapicano.

A carico dell’indagato ci sono anche le immagini della videosorveglianza posizionate sul corso Umberto di San Giorgio a Cremano, dove è avvenuto il rapimento. Si vede un uomo alto, com’è effettivamente Amaral, scendere da un furgone bianco con il volto incappucciato e afferrare per il collo il 15enne che camminava da solo per poi costringerlo a salire sull’automezzo prendendolo di peso. L’allarme è scattato subito grazie a una barista che lavora in zona e a un passante. Mezz’ora dopo i rapinatori avevano già contattato via whatsapp il padre per riferirgli che il ragazzo era in mano loro. «Non chiamare la polizia e non gli succederà nulla».

La conversazione in chat è continuata a lungo, ma gli investigatori della prima sezione della Squadra mobile della questura (dirigente Giovanni Leuci, vice questore Giuseppe Sasso) suggerivano di volta le risposte con un primo obiettivo importante: guadagnare tempo per cercare di risalire ai sequestratori. In due sicuramente con un terzo venuto fuori successivamente dal racconto dell’ostaggio, che ha ascoltato tre voci diverse nell’appartamento di Barra in cui è stato tenuto prigioniero. «Non posso recuperare tutti questi soldi in poche ore: me ne servono di più».

La svolta si è avuta con la proposta di consegnare parte del riscatto chiesto in cambio del rilascio e soprattutto, Pino Maddaluno non avrebbe dovuto recarsi lui all’appuntamento con i sequestratori perché lo avrebbero seguito. Alcuni poliziotti in borghese hanno scortato due zii del ragazzo mentre in un luogo diverso da quello indicato veniva rilasciato l’ostaggio. Poco dopo gli investigatori hanno fermato Antonio Pacheco Amaral de Oliveira, che ha indicato l’appartamento di Barra usato. All’interno la sedia alla quale era stato legato lo studente del liceo scientifico “Silvestri” di Portici e il nastro adesivo. Ora è caccia ai complici del 24enne, probabilmente spariti dalla zona visto l’inevitabile clamore mediatico.

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