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12 Aprile 2025 - 16:23
Il capo della Polizia, Vittorio Pisani, con Giovanna Barbato
NAPOLI. Ci sono storie che restano incise nella memoria di una città. Altre, invece, entrano nel cuore di un Paese intero. Quella di Nicola Barbato è entrambe le cose. Era il 24 settembre 2015 quando, durante un’operazione contro il racket a Napoli, nel quartiere Fuorigrotta, fu colpito alla schiena da un proiettile. Stava lavorando, come ogni giorno, al servizio dello Stato. Non si voltò mai per vedere chi aveva sparato: da quel momento in poi, non avrebbe più potuto farlo. Rimase paralizzato. Ma non si è mai arreso.
Nicola Barbato ha continuato a servire l’Italia dalla sua sedia a rotelle, con una forza silenziosa che ha parlato più di mille parole. È entrato nelle scuole, ha incontrato ragazzi, ha raccontato la legalità non con toni eroici, ma con la verità nuda di chi ha pagato un prezzo altissimo senza smettere di credere in ciò per cui lottava. Nel giorno in cui si celebra il 173° anniversario della fondazione della Polizia di Stato, sua figlia Giovanna – oggi in divisa, come il fratello Luigi – ne custodisce la memoria. La trasforma in azione, in servizio, in testimonianza. “Per mio padre indossare ogni giorno la divisa significava tutto – racconta con voce composta – Era un modo di vivere il senso dello Stato anche dentro casa. Noi siamo la prova di ciò che ci ha lasciato. Oggi abbiamo il piacere e l’onore di indossare quella stessa divisa della Polizia di Stato”.
Le parole scorrono lente, ma arrivano dritte al cuore. “Papà non si è mai chiesto se si fosse pentito di aver intrapreso questa carriera e di aver compiuto le sue missioni in tutela della legalità. Era un valore aggiunto, un punto di partenza, non un punto di arrivo. Ha affrontato con dignità le ferite di quella sera. Diceva che si può servire lo Stato anche con le parole, anche con la comunicazione. Parlava ai più piccoli, ai ragazzi. Credeva che ci fosse sempre una possibilità per insegnare, per rimediare, per riportare sulla strada giusta chi si era perso”. Giovanna è entrata in Polizia per portare avanti quello che suo padre aveva lasciato a metà. Luigi, invece, lo ha fatto per vocazione.
“Fin da piccolo lo guardava con ammirazione. Oggi è ispettore. È una realizzazione personale, certo, ma anche una missione. È come se papà ce l’avesse lasciata nel sangue”. Poi arriva la domanda che pesa, quella sulle tutele per chi indossa la divisa. E anche qui, Giovanna non cerca scorciatoie: “Stare nella divisa è correre in testa ogni giorno. Con i “se” e con i “ma” non possiamo prevedere un futuro diverso. Quello che posso dire è che lo spirito di papà è stato coraggioso. Ha fatto sempre la cosa giusta. È stato un uomo davvero coraggioso. E questo, per noi, basta”.
Nicola Barbato è morto il 9 marzo scorso. Ma la sua storia non si è mai fermata. Vive ogni giorno negli occhi dei suoi figli, in quei gesti quotidiani che sono servizio, responsabilità, dedizione. E in ogni divisa che si alza all’alba e affronta il mondo con la stessa fede tranquilla e incrollabile. La sua voce ora non c’è più. Ma è come se parlasse ancora. Attraverso chi lo ha amato. Attraverso chi continua, con umiltà e fierezza, a camminare sulle orme che ha lasciato.
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