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Patto tra clan per il silenzio: «Mesate a Mena Lo Russo»

I Licciardi pagavano lo stipendio alla figlia dell’ultimo ras dei “Capitoni”

Patto tra clan per il silenzio: «Mesate a Mena Lo Russo»

NAPOLI. Il prezzo del silenzio. Un patto di ferro tra l’indiscussa boss della Masseria Cardone e l’ultimo irriducibile dei “Capitoni”, Giuseppe Lo Russo, affinché quest’ultimo, a differenza dei fratelli, non collaborasse con la giustizia. Per ottenere il “risultato” Maria Licciardi avrebbe garantito a Filomena Lo Russo, figlia del ras di Miano, una lauta “mesata”, quantificata in almeno 2mila euro, che sarebbe stata percepita a partire dal 2016. Il retroscena emerge dalla scottante inchiesta che pochi giorni fa ha portato all’esecuzione di otto arresti nei clan Licciardi e SauttoCiccarelli.

L’indagine della Squadra mobile ha permesso di fare luce soprattutto sull’omicidio, avvenuto nel 2019, del ras ribelle Domenico Gargiulo, alias “Sicc e penniello”, ma non solo. Spulciando il provvedimento firmato dal gip Comella emerge il nome di Mena Lo Russo tra gli indagati a piede libero: per lei, nonostante l’accusa di ricettazione aggravata formulata dai pm della Dda, il giudice non ha infatti disposto alcuna misura cautelare. Gli inquirenti ipotizzano che Maria Licciardi, oggi detenuta al carcere duro, avesse affidato al reggente del clan Antonio Bruno «la gestione delicata dei rapporti tra il clan Licciardi e il clan Lo Russo, in particolare, per come risulta dalle intercettazioni, al fine di risolvere il contrasto creatosi all’interno dei mianesi tra Filomena Lo Russo e il gruppo riferibile a Matteo Balzano».

Il clan Licciardi avrebbe inoltre provveduto «sistematicamente a versare ogni mese una somma di denaro a Mena Lo Russo, figlia di Giuseppe, a titolo di mantenimento per evitare che lo stesso, detenuto al 41 bis, potesse decidere di collaborare con la giustizia, decisione che avrebbe certamente ripercussioni negative per il clan Licciardi per antiche condivisioni di vicende criminali». Maria Licciardi in persona, stando a quanto emerso da alcune intercettazioni, avrebbe espresso la sua volontà perché la famiglia di Peppe Lo Russo «avesse il mantenimento dal gruppo di Valerio Nappello per il valore di circa 2.500 euro al mese, visto che stava svolgendo attività illecite nella “terra” di Giuseppe Lo Russo, per nome e per conto della famiglia Lo Russo».

Licciardi si sarebbe quindi «impegnata a rispondere in prima persona di tale erogazione». Da una conversazione registrata il 24 febbraio 2019 in casa del reggente Antonio Bruno emerge in particolare come il pagamento della “mesata” a Mena Lo Russo avvenisse anche nel periodo di svolgimento delle indagini: i protagonisti del dialogo discutevano in particolare del fatto che Mena avesse bisogno di un anticipo di 500 euro, come affermato dallo stesso Bruno. Un concetto ribadito anche dal boss pentito Mario Lo Russo, fratello di Giuseppe, nell’interrogatorio reso il 14 marzo 2022: «Mia nipote Mena ha messo a verbale prende una quota anche dai Liciardi, dalla Masseria Cardone, e se la faceva sempre con Maria Licciardi». Un legame che avrebbe garantito al clan il silenzio della donna.

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