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Il processo

Ucciso per un tiro di coca, l’assassino incassa 12 anni

Omicidio Fedele, l’amico-carnefice confessa e ottiene le “generiche”

Ucciso per un tiro di coca, l’assassino incassa 12 anni

Le indagini sul delitto erano state condotte dai carabinieri; nel riquadro la vittima Gennaro Fedele

Un’amicizia insanguinata dal vizio della droga, a quasi dodici mesi di distanza dal delitto di Cavalleggeri d’Aosta si è concluso ieri il processo di primo grado cha ha visto alla sbarra il 47enne Gennaro Angiolino, imputato per l’omicidio volontario di Gennaro Fedele. Con il verdetto del gup Ciollaro, che ha inflitto al presunto assassino una condanna a 12 anni di carcere, cala il sipario, almeno fino all’eventuale ricorso in appello, su una storia dai contorni noir, in cui il legame tra i due amici alla fine di agosto scorso si era tramutato in un drammatico spargimento di sangue. Il fermo era scattato in seguito all’interrogatorio del pm nella caserma dei carabinieri di Fuorigrotta, intervenuti nell’appartamento di via Venezia Giulia a Cavalleggeri d’Aosta in cui era avvenuta poco prima la tragedia. Vittima e carnefice erano originari del quartiere: uno pensionato, l’altro impiegato in lavori vari. I militari dell’Arma hanno ricostruito la vicenda sulla base innanzitutto delle dichiarazioni di Gennaro Angiolino, che ancora sotto choc e in lacrime ha raccontato com’era nato il litigio. «Dovevamo consumare una dose di cocaina insieme, ma ho scoperto che Gennaro l’aveva già fatto senza avvisarmi. Così mi sono arrabbiato». Proprio l’atteggiamento collaborativo mostrato da Fedele fin dalle prime battute delle indagini, oltre che nel corso del rito abbreviato, sembra avergli consentito di limitare i danni sotto il profilo della pena. Il giudice, sposando la lina del difensore di Angiolino, il penalista Luca Mottola, ha infatti deciso di concedere all’imputato le attenuanti generiche, condannandolo a una pena tutto sommato mite: 12 anni di reclusione a fronte di una richiesta di 15 anni avanzata dal pm. Era circa mezzogiorno del 21 agosto scorso quando si è consumato il delitto. È cominciata una colluttazione, terminata all’improvviso con Fedele che si è accasciato perdendo conoscenza. Nessun oggetto contundente è stato utilizzato, motivo per cui il 47enne inizialmente non pensava di aver ammazzato il 63enne. Gennaro Angiolino, in preda al panico notando che l’amico e coinquilino non si svegliava, ha telefonato al 118. Erano le 12 circa. Agli operatori ha raccontato cos’era successo, rimanendo di sasso e scoppiando in lacrime quando un infermiere gli ha comunicato il decesso di Fedele. Pochi minuti e sul posto sono arrivati i carabinieri della stazione di Fuorigrotta, ai quali l’uomo ha ripetuto lo stesso racconto con la conseguenza che i militari dell’Arma l’hanno bloccato immediatamente. L’ipotesi che vittima e carnefice, entrambi incensurati, consumassero cocaina insieme era frutto esclusivamente delle dichiarazioni rese spontaneamente da Gennaro Angiolino nell’immediatezza dei fatti. I testimoni, per la maggior parte abitanti del palazzo, non l’avrebbero confermato limitandosi a riferire soltanto voci raccolte nello stabile. Sta di fatto che, a distanza di quasi un anno, nonostante la pesante accusa di omicidio volontario, Angiolino se l’è cavata con 12 anni.

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