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L'appello
09 Maggio 2025 - 14:42
Sal Da Vinci
Cantante, attore, autore. Con la voce ha raccontato Napoli, ma anche l’Italia intera. Sal Da Vinci è uno degli artisti più amati del panorama popolare italiano: una carriera cominciata da bambino, in duo col padre Mario, proseguita tra successi teatrali, Festival di Sanremo e sold out nei teatri di tutta la penisola. E oggi, da uomo di famiglia e da napoletano profondamente legato alla sua città, sceglie di parlare ai giovani.
E di farlo partendo da un’idea: cantare per Papa Leone XIV. «Non per celebrare – precisa – ma per accompagnare parole che possano davvero salvare una generazione. Spero che questo Papa possa aiutare i ragazzi a ritrovare il valore della vita, che oggi si sta perdendo sotto i nostri occhi».
Sal parla con emozione sincera. «Ogni giorno leggo notizie che fanno paura. Ragazzi senza riferimenti, violenza gratuita, solitudine. E penso ai miei figli, ai miei nipoti. È come se si fosse rotto qualcosa. Il Papa ha parlato della “perdita del senso della vita", della “crisi della famiglia", dell'“oblio della misericordia". Ecco, io tutto questo lo vedo ogni giorno. Per questo sento che servono parole forti, ma anche capaci di abbracciare».
Nel primo discorso da Pontefice, Leone XIV ha parlato di una pace “disarmata e disarmante”, e ha indicato nella mancanza di fede il cuore del dramma del nostro tempo. «Quelle parole mi hanno colpito – racconta Sal – perché sono vere. E possono arrivare anche ai ragazzi, se trovano canali sinceri. Anche la musica, a volte, può essere quel canale. Un ponte tra il silenzio e il cuore».
Il cantautore coglie un legame profondo tra il Papa e Napoli. «È un agostiniano. E Sant’Agostino è stato l’uomo dell’inquietudine. Ha cercato per anni, ha desiderato, ha lottato. Solo alla fine ha trovato pace in Dio. Napoli è così: inquieta, intensa, piena di bellezza e di ferite. Ma mai ferma, mai vuota. Ha sete di senso. E io credo che questo Papa lo capirebbe».
Nel 1995 Sal Da Vinci cantò la Salve Regina in latino davanti a Giovanni Paolo II, a Loreto, davanti a oltre 300.000 giovani. «Non era un’esibizione. Era un atto d’amore. Oggi, se ci fosse l’occasione, mi piacerebbe farlo ancora. Cantare per questo Papa, offrire la mia voce per accompagnare parole che curano».
E conclude: «Napoli e Sant’Agostino hanno qualcosa in comune: un cuore che non si accontenta, che sbaglia ma continua a cercare. E forse proprio da lì, da quell’inquietudine vera, può nascere una nuova speranza».
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