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11 Maggio 2025 - 10:26
NAPOLI. Quasi il 45% dei reparti di medicina interna degli ospedali della Campania (che accolgono quasi la metà del totale dei ricoverati) è attualmente in overbooking e il 90% denuncia carenze ormai croniche di personale, ma circa un terzo dei ricoveri potrebbe essere evitato con una migliore presa in carico dei servizi sanitari territoriali e se solo si facesse un po' più di prevenzione. Sono questi i dati salienti della survey condotta tra marzo ed aprile da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri. Il 45% dei reparti ha dunque un tasso di occupazione dei posti letto di oltre il 100%, mentre il restante 55% occupa tra il 70 e il 100% dei letti a disposizione.
E overbooking significa avere pazienti assistiti magari su una lettiga in corridoio, con un solo separé a garantire la privacy. Ad acuire il tutto c'è poi la carenza di personale, riscontrata nel 90% dei casi. Pochi letti, ancor meno personale, «ma la situazione potrebbe essere un po' più gestibile afferma Fadoi se si potessero evitare i ricoveri impropri, quelli frutto di una difficoltà di presa in carico dei servizi territoriali, centrati in larga parte sulla rete degli studi dei medici di famiglia, anche loro sempre meno numerosi e con un numero in eccesso di pazienti da dover seguire. Mediamente un ricovero su 3 poteva essere evitato con una rete di assistenza territoriale più adeguata. Percentuale che sale a oltre il 40% nel 9% delle unità operative». Discorso analogo per la mancata prevenzione. «Stili di vita scorretti, bassa aderenza agli screening, scarse coperture vaccinali, unite al più basso finanziamento pubblico d'Europa per la prevenzione: fatto sta evidenzia la survey che a causa di tutto ciò almeno un terzo degli assistiti finisce in ospedale, quando avrebbe potuto evitarlo. Nei reparti, infatti, il 30% dei ricoveri è dovuto alla poca prevenzione».
Dall'indagine emerge inoltre che, se la riforma della sanità territoriale ancora arranca, i pazienti sono però meno soli dopo le dimissioni: la percentuale di chi va a casa ma con l'assistenza domiciliare integrata attivata è salita al 45%, mentre il 36% va in Rsa. Da notare però come il 18% dei pazienti venga dimesso a casa senza nessuna presa in carico da parte dei servizi territoriali o dallo stesso ospedale. Per il 54% dei medici le nuove Case di Comunità (sorta di maxi ambulatori per visite e esami diagnostici) potranno effettivamente ridurre il numero dei ricoveri, ma bisognerà vedere come verranno realizzate. Simile la risposta fornita dal 45% dei medici rispetto agli ospedali di comunità a gestione infermieristica, ai quali spetterebbe il compito di agevolare le dimissioni dai reparti, prendendo in carico quei pazienti che non hanno più bisogno dell'ospedale vero e proprio, ma che nemmeno sono nelle condizioni di tornare a casa. I dati della survey Fadoi parlano chiaro: la medicina interna ospedaliera della Campania è allo stremo.
«Questo non è solo un problema per gli internisti, ma un segnale preoccupante per l'intero sistema sanitario», commenta Ada Maffettone, presidente Fadoi Campania. «Una parte significativa dei ricoveri prosegue potrebbe essere evitata con una rete territoriale più forte e un approccio alla prevenzione più efficace. Eppure, nonostante le riforme annunciate e i fondi disponibili, la sanità territoriale ancora arranca, lasciando che gli ospedali si facciano carico di pazienti che avrebbero potuto essere gestiti altrove. Non possiamo più permettere che la medicina interna funzioni a livelli di saturazione insostenibili, dove i professionisti faticano a trovare il tempo necessario per la ricerca e l'aggiornamento scientifico. Serve un piano concreto, non solo per potenziare i servizi territoriali, ma per garantire adeguate risorse alle strutture ospedaliere, affinché possano lavorare senza essere sopraffatte dall'emergenza quotidiana. Le nuove Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità possono rappresentare un passo avanti, ma la loro effettiva realizzazione e integrazione nel sistema sanitario saranno decisive. Senza un'attuazione efficace e senza un reale supporto di personale e strutture, il rischio è che rimangano solo belle idee sulla carta». «Chiediamo che le istituzioni competenti agiscano in modo deciso, mettendo al centro la sostenibilità dell'assistenza ospedaliera e il rafforzamento del territorio. La medicina interna è un pilastro della sanità: lasciarla al limite delle sue capacità significa mettere a rischio la salute di tutta la popolazione», conclude.
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