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Camorra
13 Maggio 2025 - 08:34
_ Nel riquadro Alessio Peluso, 32 anni, esponente di spicco del clan di “abbasc Miano”
NAPOLI. Far West, con tanto di colpi di pistola, nel carcere di Frosinone, la Procura presenta il conto al ras di “abbasc Miano” Alessio Peluso. Gestiva il commercio di strumenti di comunicazione non autorizzati, continuando a mantenere contatti dall’interno del carcere i rapporti con l’Alleanza camorristica di Secondigliano, per rafforzarne il controllo anche nei penitenziari.
È questa una delle accuse mosse al 32enne ras - raggiunto ieri da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere - al termine delle indagini condotte dal nucleo Investigativo centrale della polizia penitenziaria. Alessio Peluso è anche accusato di partecipazione all’associazione di stampo camorristico denominata “gruppo di Abbasc Miano”, sottogruppo del clan Lo Russo, di tentato omicidio premeditato nei confronti di altri tre detenuti, di porto e detenzione di arma.
Nel 2021 il 32enne ras del gruppo Balzano era riuscito a procurarsi una pistola nel carcere di Frosinone, attraverso un drone, successivamente utilizzata da lui stesso per sparare contro altri tre detenuti nello stesso reparto: si trattava di un’azione dimostrativa del clan per riaffermare la propria operatività, paragonabile a una società di servizi criminale che consegnava in diverse carceri italiane cellulari e droga.
Dalle indagini è anche emerso che dopo quell’episodio l’indagato - grazie a cellulari fronti dall’esterno - continuava a comunicare con il proprio clan, seppure associato in istituti di alta sicurezza. Alessio Peluso, esponente del clan Lo Russo poi transitato nelle fila del gruppo Balzano, il 16 settembre 2021 aveva fatto fuoco all’impazzata rischiando di uccidere altrei tre detenuti e dietro quel folle gesto ci sarebbe stato il tentativo di difendersi da una spedizione punitiva alla quale avrebbero preso parte alcuni esponenti di punta della camorra di Miano e Secondigliano.
Al raid - secondo la ricostruzione iniziale della Procura - avrebbero preso parte, insieme ad altri tre complici, il 35enne Marco Corona, altro esponente di punta del clan dei “Capitoni”, e il ras Mario Avolio, narcotrafficante del clan degli Scissionisti: le posizioni di entrambi vennero però po archiviate dopo alcuni mesi.
Tuttavia gli inquirenti ipotizzavano che Peluso, impugnando una pistola calibro 7,65 arrivata nelle sue mani grazie a un drone, avesse sparato ad alzo zero contro altri due detenuti, rimasti feriti, seppur in maniera non grave. Le indagini vanno avanti e i pm della Procura di Frosinone scoprirono che quello di Peluso non era stato un semplice raptus.
L’uomo del clan Balzano si sarebbe infatti difeso durante un brutale pestaggio al quale i rivali lo Agguato dietro le sbarre, nuova tegola sul capozona di “abbasc Miano” stavano sottoponendo. Da quello spargimento di sangue le indagini hanno poi fatto ulteriori passi avanti e adesso, ferma restando la presunzione di innocenza fino a prova contraria, è emerso che Peluso - al netto dell’agguato - si sarebbe comportato da vero boss, continuando a tenere ben salde le redini del clan introducendo nel penitenziario telefonini illegali grazie a dei droni.
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