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15 Maggio 2025 - 09:04
NAPOLI. Dai dialoghi captati grazie alla cimice piazzata in via Piscettaro nell’appartamento del boss sembrava tutto cristallino. Dalla sete di vendetta per l’ordigno esploso poche settimane prima, al rapimento di uno dei due presunti bombaroli, fino all’ordine di uccidere Carmine D’Onofrio, figlio naturale del ras rivale Giuseppe De Luca Bossa. Tre anni e mezzo dopo l’ennesimo omicidio che ha insanguinato le strade di Ponticelli l’inchiesta sul delitto rischia adesso di tornare clamorosamente al punto di partenza.
Il processo di primo grado che ha portato alla sbarra il boss Marco De Micco, capo indiscusso del clan dei “Bodo”, e quattro suoi fedelissimi si è concluso ieri in un inatteso flop: tutti assolti per non aver commesso il fatto. È stato questo il verdetto emesso dalla prima sezione della Corte di assise di Napoli presieduta da Teresa Annunziata, la quale, sconfessando la linea della Dda, ha scagionato con formula piena il ras De Micco, Giovanni Palumbo, Ferdinando Viscovo, Ciro Ricci e Giuseppe Russo Junior. Per tutto la Procura aveva chiesto la pena dell’ergastolo.
A spuntarla, almeno fin qui, sono state per le argomentazioni portate nel dibattimento dal collegio difensivo (avvocati Saverio Senese e Stefano Sorrentino per De Micco, Antonio Iavarone per Viscovo), i quali hanno a più riprese evidenziato le zone d’ombra che sarebbero emerse dalle trascrizioni delle intercettazioni. Nella penultima udienza la difesa di De Micco aveva inoltre contestato il movente del delitto sostenendo che D’Onofrio, ritenuto dai “Bodo” l’uomo che aveva piazzato una bomba davanti casa del ras, la sera in cui è scoppiato l’ordigno non si trovasse in realtà in via Piscettaro, bensì in tutt’altra zona di Ponticelli.
I De Micco, secondo la ricostruzione dei pm, avevano però ormai emesso la sentenza di morte per D’Onofrio, poi portata a termine il 6 ottobre 2021. Il boss De Micco secondo gli inquirenti organizzò tutto alla perfezione: dall’auto da rubare per compiere l’agguato alle armi e alla fuga. Poi si procurò un alibi, pernottando con la moglie in un hotel del lungomare di Napoli nella notte tra il 5 e il 6 ottobre, quando fu ammazzato Carmine D’Onofrio. Accuse andate adesso in frantumi. Per conoscere le motivazioni della verdetto bisognerà però attendere 90 giorni, termine stabilito dalla Corte di assise per il deposito.
Al momento De Micco e gli altri presunti uomini del commando restano ancora detenuti per altra causa, ma la notizia delle cinque assoluzioni non è passata inosservata. Poche ore dopo la lettura del dispositivo, intorno alle 18 di ieri, ignoti hanno esploso diverse batterie di fuochi d’artificio in via Edoardo Scarpetta e in via Masseria Molisso, due strade da tempo sotto lo stretto controllo del clan De Micco, ormai diventato l’organizzazione criminale egemone in quasi tutta Ponticelli, soprattutto in seguito all’indebolimento dei rivali del cartello De Luca Bossa-Minichini-CasellaAprea-Rinaldi, decapitato da arresti e condanne esemplari.
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