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La sentenza

Bimbo ucciso in via Foria, 12 anni al domestico

Dopo l’annullamento della Cassazione, concesse le attenuanti generiche a Mariano Cannio

Bimbo ucciso in via Foria, 12 anni al domestico

Il piccolo Samuele Gargiulo, nel riquadro Mariano Cannio

NAPOLI. L’accusa di omicidio volontario resta ancora in piedi, ma nel nuovo processo di appello viene esclusa l’aggravante della minorata difesa e per il badante killer di via Foria arriva un importante sconto di pena.

Mariano Cannio, il factotum accusato di aver fatto cadere nel vuoto dal balcone di casa il piccolo Samuele Gargiulo, ieri pomeriggio è stato condannato dalla terza sezione della Corte di assise di appello di Napoli a 12 anni di reclusione, sei in meno rispetto a quanto rimediato in primo grado al termine del rito abbreviato.

Il verdetto è stato accolto con moderata soddisfazione dai familiari della giovanissima vittima, assistiti dall’avvocato Domenico De Rosa. La mamma del bimbo anche ieri era presente in aula.

Tornando invece all’udienza conclusasi ieri con la rideterminazione della condanna a carico di Mariano Cannio, i giudici, chiamati a un nuovo verdetto dopo l’annullamento disposto a inizio anno dalla Cassazione, hanno ritenuto di concedere all’imputato le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante della minore età della vittima.

La Corte, pur confermando in pieno l’accusa di omicidio volontario, ha escluso l’aggravante della minorata difesa: da qui una “sforbiciata” di ben sei anni rispetto alla condanna rimediata in primo grado da Cannio, al quale già nel precedente processo di appello era stato riconosciuto il “vizio di mente”.

Alla lettura del dispositivo di sentenza hanno assistito con composto dolore i parenti del piccolo Samuele, tra cui la madre. L’omicidio del piccolo Samuele era avvenuto la mattina del 17 settembre 2021 e le indagini sul caso erano subito arrivate a una svolta.

«A un tratto l’ho preso in braccio e sono uscito fuori al balcone... giunto all’esterno con il bambino tra le braccia mi sono sporto e ho lasciato cadere il piccolo. Ho immediatamente udito delle urla provenire dal basso e mi sono spaventato consapevole di essere la causa di quello che stava accadendo».

Erano state queste le prime parole pronunciate da Mariano Cannio, l’uomo accusato dell’omicidio del piccolo Samuele, precipitato nel vuoto in via Foria, mentre rendeva sommare informazioni: «Sono fuggito a casa - aveva poi aggiunto Cannio - e sono andato a mangiare una pizza al rione Sanità».

Quando la polizia ha capito che Cannio si era rifugiato nell’abitazione di una zia in via Duomo, ha trovato un espediente per farsi aprire la porta. Prima gli agenti hanno suonato il campanello ripetutamente, ma lui ha fatto finta di non essere in casa, poi hanno messo sotto la porta una bolletta della luce. Una busta che lui ha ritirato; e a quel punto i poliziotti sono entrati, certi che ci fosse.

Cannio aveva confermato di fare saltuariamente le pulizie nella casa in via Foria della famiglia di Samuele e di aver tra l’altro nascosto la diagnosi di schizofrenia per cui era da tempo in cura in un centro di igiene mentale: un quadro clinico quantomeno complesso, nonostante il quale Cannio è stato ritenuto nei vai gradi di giudizio capace di intendere e di volere.

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