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Clan Cimmino, pm all’attacco

Racket sugli appalti ospedalieri, la Procura chiede otto condanne e tre assoluzioni

Clan Cimmino, pm all’attacco

Nella foto il boss pentito Luigi Cimmino, recentemente scomparso, e gli imputati Alessandro Desio, Marco Salvati e Antonio Teghemie

NAPOLI. Rischio stangata per gli ultimi ras del clan Cimmino e alcuni imprenditori ritenuti dalla Procura in affari con la storica cosca con base tra il Vomero e l’Arenella. Con la requisitoria tenuta ieri mattina dal pubblico ministero della Dda è entrato nella fase conclusiva il processo di primo grado per gli undici imputati che hanno chiesto di essere giudicati con il dibattimento.

La Procura ha invocato otto condanne e l’assoluzione per Massimiliano De Cicco, Antonio Teghemie e Luigi Trombetta. Il pm ha invece invocato le seguenti condanne: Alessandro Desio, 14 anni; Anna Di Pipolo, 2 anni; Guido Galano, 2 anni; Abramo Maione, 11 anni; Simone Paolino, 7 anni e 6 mesi; Marco Salvati, 10 anni; Gennaro Stefanelli, 7 anni e 6 mesi; e Salvatore Zampini, 11 anni e 6 mesi. Due degli imputati al dibattimento erano balzati alla ribalta della cronaca appena pochi giorni fa.

A fine maggio il ras Alessandro Desio, ritenuto uno dei capi indiscussi della cosca, ha ottenuto gli arresti domiciliari nella sua abitazione ad Antignano. A spuntarla sono state le argomentazioni dei suoi difensori, gli avvocati Antonio Abet e Salvatore Operetto, riusciti a dimostrare che le esigenze cautelari per il loro assistito si sono nel frattempo attenuate.

Lascia il carcere, ma per andare fuori regione, anche un altro imputato eccellente: Marco Salvati, titolare di fatto dell’associazione di trasporto infermi Croce San Pio, accusato, grazie proprio all’appoggio del clan, di aver esercitato una posizione «dominante e monopolistica negli ospedali collinari di Napoli».

La decisione di scarcerare Desio e Salvati era stata adottata dalla settima sezione penale collegio A davanti alla quale si sta celebrando il processo di primo grado per gli imputati che hanno optato per il dibattimento. Fra questi soltanto il presunto ras e Salvati si trovavano ancora in carcere: il primo nel penitenziario palermitano di Pagliarelli.

Sulla testa di Desio pendono in particolare accuse molto pesanti: da quella di essere uno dei capi e promotori del clan Cimmino a quella di aver orchestrato un colossale giro di estorsioni, in particolare sugli appalti per il rifacimento di sei padiglioni dell’ospedale Cardarelli, oltre a due episodi estorsivi ai danni di altrettanti supermercati del quartiere Vomero.

Nonostante ciò, il tandem difensivo Abet-Operetto, soprattutto in ragione del tempo intercorso dai fatti contestati, è riuscito a dimostrare che le esigenze cautelari si sono nel frattempo attenuate.

Da qui la decisione dei giudici di concedere ad Alessandro Desio gli arresti nella sua abitazione. C’era anche una tangente da 400mila euro, per un appalto al Cardarelli da 47 milioni, tra le estorsioni che sarebbero state messe a segno dal clan Cimmino del Vomero.

Un “pizzo” però che nella ricostruzione degli inquirenti avrebbe provocato una fibrillazione tra il boss Luigi Cimmino, suo figlio Franco Diego e altri affiliati. Nel mirino un appalto per la manutenzione straordinaria per l’adeguamento tecnologico di sei padiglioni del Cardarelli.

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