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Due omicidi e nessun ergastolo: “salvi” i killer della faida di Miano

Ras e sicari del clan Scognamiglio se la cavano con pene tra i 28 e i 30 anni

Due omicidi e nessun ergastolo: “salvi” i killer della faida di Miano

NAPOLI. Quattro imputati per due omicidi eccellenti e neppure un ergastolo. Si è concluso così, con un clamoroso colpo di scena, il processo di primo grado che ha portato in un’aula di giustizia presunti ras e killer dell’emergente clan di Miano: tutti sono riusciti a schivare la condanna al carcere a vita, come aveva invece richiesto nella scorsa udienza il pubblico ministero della Dda. La linea della Procura non è però passata fino in fondo e la prima sezione della Corte di assise, presidente Annunziata, ha condannato Giovanni Scognamiglio, difeso dall’avvocato Domenico Dello Iacono, Luca Isaia, difeso dall’avvocato Carlo Ercolino, e Salvatore Ronga, difeso dall’avvocato Rocco Maria Spina, a 28 anni e 6 mesi di reclusione a testa.

Bernardo Torino, unico a non aver ammesso gli addebiti, difeso dagli avvocati Leopoldo Perone e Dello Iacono, ha rimediato invece 30 anni. Isaia era accusato dell’omicidio di Antonio Avolio, gli altri tre imputati di quello di Salvatore Milano, entrambi assassinati nell’ultima faida di Miano. C’era metà codice penale nell’indagine di polizia e carabinieri sulla camorra di Miano e zone circostanti, cominciata nel 2021 e proseguita con continue scoperte fino all’esecuzione di 19 misure cautelari a giugno 2024, di cui 18 arresti e un divieto di dimora. Un vaso di Pandora dal quale è emersa l’esistenza dei gruppi Scognamiglio e Pecorelli-Catone, impegnati una guerra fratricida dopo la polverizzazione dello storico clan Lo Russo.

Così, hanno pagato con la vita un vecchio e un giovane di malavita: Salvatore Milano e Antonio Avolio. Quest’ultimo non era nemmeno il bersaglio principale: i nemici volevano uccidere Oscar Pecorelli “’o pastore”, ma lui non usciva mai di casa e ripiegarono su uno della cerchia. Il 22 aprile 2021 Salvatore Milano, detto “Totore ’o Milan”, stava bevendo un caffè in un bar di Miano quando, nella ricostruzione dell’accusa, Carlo Perfetto segnalò la sua presenza ai soci in appostamento armati nei dintorni. Poco dopo entrarono nel locale Giovanni Scognamiglio e Fabio Pecoraro, sparando entrambi sul bersaglio, affiliato ai Lo Russo in buoni rapporti con i Pecorelli-Catone.

Per l’omicidio sono indagati anche Salvatore Ronga e Bernardo Torino. Il successivo 24 giugno Antonio Avolio girava in scooter. A lui si avvicinò Luca Isaia e non ebbe il tempo di tentare una fuga. Fu centrato alla testa e morì all’istante. Dell’agguato sono stati accusati, oltre al presunto sicario, Emmanuele Palmieri, Fabio Pecoraro, Salvatore Ronga, Pasquale, Antonio e Giovanni Scognamiglio, padre e figli. Prima del delitto si sarebbe tenuto un summit da cui emerse la volontà di uccidere Pecorelli “’o pastore”, ma alla fine killer e mandanti ripiegarono su un target più facilmente avvicinabile. Il mese scorso, prima delle richieste di condanna del pm, Scognamiglio, Ronga e Isaia avevano deciso di ammettere le rispettive responsabilità nei due delitti. Solo Torino scelse la via del silenzio. Tutti hanno però evitato la stangata.

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