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CAMORRA

Ospedali sotto scacco del clan, otto condanne nel dibattimento

Racket, oltre 70 anni di carcere per gli imprenditori in affari coi Cimmino

Ospedali sotto scacco del clan, otto condanne nel dibattimento

Nei riquadri gli imputati Alessandro Desio, Marco Salvati e Antonio Teghemie

NAPOLI. Primo giro di boa anche per il dibattimento scaturito dalla maxi-inchiesta che nel 2021 ha azzerato il clan Cimmino-Caiazzo, svelandone i nuovi affari nella sanità napoletana: la cosca, stando alla ricostruzione della Procura, avrebbe infatti messo sotto scacco tutti i principali ospedali della città imponendo una raffica di estorsioni a cinque e sei zeri, soprattutto negli appalti per la ristrutturazione di alcuni padiglioni del Cardarelli.

Dopo la sfilza di condanne arrivate in abbreviato, ieri sera è arrivata la sentenza anche per gli imputati che hanno scelto il rito ordinario. Al netto di tre assoluzioni eccellenti, su tutte quella dell’impresario funebre Luigi Trombetta, difeso dal penalista Marco Bernardo, l’inchiesta ha retto al vaglio dei giudici sella settima sezione penale collegio a: otto le condanne inflitte, per settant’anni di carcere.

Queste nel dettaglio le pene disposte per presunti ras e colletti bianchi ritenuti dai pm in affari o al servizio del clan: Alessandro Desio, difeso dagli avvocati Antonio Abet e Salvatore Operetto, 15 anni con l’esclusione dell’accusa di essere stato capo e promotore della cosca; Salvatore Zampini, 13 anni; Abramo Maione, 14 anni; Marco Salvati, titolare di fatto dell’associazione di trasporto infermi Croce San Pio, 12 anni; Gennaro Stefanelli, 7 anni e 6 mesi; Simone Paolino, 7 anni; Anna Di Pipolo, 1 anno e 6 mesi; Guido Galano, 1 anno e 6 mesi. Assolti con formula piena invece Luigi Trombetta, Massimiliano De Cicco e Antonio Teghemei. Il deposito delle motivazioni è stato fissato in novanta giorni: dopo di che gran parte degli imputati, su tutti il presunto capozona di Antignano Desio, potrebbe optare per il ricorso in appello, puntando così a un eventuale “sconto”.

Sulla testa di Desio pendevano in accuse molto pesanti: da quella di essere uno dei capi e promotori del clan Cimmino a quella di aver orchestrato un colossale giro di estorsioni, in particolare sugli appalti per il rifacimento di sei padiglioni dell’ospedale Cardarelli, oltre a due episodi estorsivi ai danni di altrettanti supermercati del quartiere Vomero.

Nonostante ciò, il tandem difensivo Abet-Operetto, soprattutto in ragione del tempo intercorso dai fatti contestati, era riuscito poche settimane fa a dimostrare che le esigenze cautelari si erano nel frattempo attenuate. Da qui la decisione dei giudici di concedere ad Alessandro Desio gli arresti nella sua abitazione, così come a Salvati. C’era anche una tangente da 400mila euro, per un appalto al Cardarelli da 47 milioni, tra le estorsioni che sarebbero state messe a segno dal clan.

Un “pizzo” che nella ricostruzione degli inquirenti avrebbe provocato una fibrillazione tra il boss Luigi Cimmino, scomparso pochi mesi fa, suo figlio Franco Diego e altri affiliati. Nel mirino un appalto per la manutenzione straordinaria per l’adeguamento tecnologico di sei padiglioni del Cardarelli. Accuse in frantumi invece per Luigi Trombetta: non avrebbe avuto alcun monopolio sui defunti grazie ai rapporti con il clan.

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