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Pizzo a tappeto, 13 condanne

Scacco al clan Landolfo dell’area nord, inflitti in abbreviato 120 anni di reclusione

Pizzo a tappeto, 13 condanne

NAPOLI. Camorra ed estorsioni a tappeto nell’area nord di Napoli, arriva una nuova sfilza di condanna per il clan capeggiato dal ras Pasquale Landolfo. Ieri mattina, al termine del rito abbreviato, il gup ha inflitto ai presunti capi e gregari dell’organizzazione con base a Frattamaggiore tredici condanne, per un totale di oltre 120 anni di reclusione. Solo tre, invece, le assoluzioni disposte dal giudice, tra cui quella di Bernardino Crispino, già imputato per la lupara bianca che ha avuto come vittima Vincenzo Pellino.

Queste nel dettaglio le pene disposte ieri dal giudice dell’udienza preliminare: Pasquale Landolfo, 20 anni; Carmela Landolfo, 8 anni e 10 mesi; Gennaro Ercolanese, 9 anni e 4 mesi; Massimo Landolfo, 10 anni; Pasquale Lucaioli, 12 anni; Pasquale Battista, 10 anni; Ciro Ciccarelli, 5 anni e 4 mesi; Giovanni Ciccarelli, 6 anni; Valentino Zanfardino, 10 anni; Luigi Amendola, 8 anni; Salvatore Attanasio, 7 anni; Mario Pellino, 10 anni; Michele Leodato, 8 anni. Accuse in frantumi invece per Bernardino Crispino, difeso dall’avvocato Leopoldo Perone, Carmela Cimmino e Simeone Pellino. L’iter giudiziario è però tutt’altro che chiuso.

Non appena sarà depositate le motivazioni della sentenza, il collegio difensivo (composto tra gli altri dagli avvocati Rocco Maria Spina, Domenico Dello Iacono, Luigi Poziello, Mirella Baldascino e Isidoro Spiezia) ricorrerà in appello per gran parte degli imputati: in questa sede potrebbe avere un peso non trascurabile il recente verdetto della Cassazione, che lo scorso anno, in relazione al processo madre per traffico di droga, aveva annullato l’aggravante della finalità mafiosa per i presunti esponenti del gruppo Landolfo.

Tornando invece al processo appena definito, le accuse per gli imputati andavano dall’associazione di tipo mafioso alle estorsioni e tentate estorsioni, alla detenzione e porto di armi fino alla detenzione a fine di spaccio di droga. In particolare era finito nel mirino il clan Pezzella, retto storicamente da Francesco Pezzella detto “pan ’e ran”, il boss “innominabile” dagli affiliati perché temeva moltissimo le intercettazioni.

L’inchiesta è decollata anche grazie anche alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, tra i quali figura Pasquale Cristiano, ex capo del clan della 167 di Arzano, temibile articolazione degli Amato-Pagano. Così è stata ricostruita la faida tra la famiglia malavitosa capeggiata da Giuseppe Monfregolo e il gruppo criminale che Cristiano gestiva insieme con Vincenzo Mormile, faida innescata dall’omicidio di Salvatore Petrillo, nipote di Cristiano, vittima di un agguato il 24 novembre 2021, davanti al “Roxy Bar” di Arzano, e deceduto in ospedale a Giugliano quattro giorni dopo. Le indagini avevano consentito di documentare poi un’estorsione da 20mila euro su un appalto da tre milioni di euro per realizzare un parco urbano artistico all’interno dell’ospedale Cardarelli di Napoli. Un’inchiesta delicata e complessa, che ieri ha portato alle prime condanne per oltre un secolo di carcere.

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