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L'intervista

«Giovanni era una bravissima persona e un lavoratore, io sono un miracolato»

Il cugino dell'uomo ucciso nello scoppio: «Mi dispiace che si parli di soldi e di danni quando c'è un essere umano che ha perso la vita»

«Giovanni era una bravissima persona e un lavoratore, io sono un miracolato»

Espedito Pepe e Giovanni Scala

NAPOLI. «Giovanni era una bravissima persona, un lavoratore e un papà affettuoso di due figlie. Aveva anche quattro nipoti. Sempre solare, sempre sorridente. Ha avuto la sfortuna di trovarsi lì...». A raccontarlo ai giornalisti è Espedito Pepe, cugino di Giovanni Scala, il 57enne morto in un locale di via Peppino De Filippo a causa di una fuga di gas.

«Era sempre di buonumore e l’altra mattina era andato in ospedale, poi mi ha chiamato dicendo che gli faceva male il braccio e chiedendomi se potessi passare... Se fossi andato ci sarei potuto rimanere anche io...» dice. «Ho visto le immagini delle telecamere, tutto si è consumato in un attimo. Giovanni ha acceso la luce ed è saltato tutto in aia. Non se né accorto nemmeno, è morto all’istante».

Pepe smentisce che nel locale ci fossero depositate delle bombole: «Abbiamo il gas di città e siamo pienamente in regola, abbiamo avuto anche dei controlli. Le bombole di cui si parla sono cadute dagli appartamenti sopra al locale, visto che ha ceduto pure un solaio che ha ferito la donna che adesso è ricoverata in ospedale».

E ancora: «Giovanni bolliva polpo e le cozze, era bravissimo. Per la zuppa siamo famosissimi, è la migliore di Napoli. Io faccio il cameriere». Poi Espedito torna sull’ultima giornata del cugino: «Stavo scendendo e mi ha chiamando dicendo che aveva male al braccio. Io avevo lavorato la mattina e gli ho detto di aspettarmi perché mia moglie era andata a prendere i bambini a scuola. Poi ho ricevuto delle telefonate da mia zia che mi ha raccontato quello che era accaduto e perché tutti pensavano che fossi anche io lì. Sono miracolato, a quest’ora potevo essere morto anche io. Ma Dio non ha voluto».

Non manca un accenno polemico quando gli si chiede chi pagherà i danni. «Non rispondo, ci dispiace che si parli di soldi, chi lo fa avrebbe dovuto dire alle persone che stavano mangiando quello che era accaduto salutandole e facendole andare via senza pagare. fare casino quando c’è un morto, un essere umano, è sbagliato. La vita è un attimo, mio cugino non c’è più e in giro forse c’è troppa cattiveria». Riferimento, con ogni probabilità, al ristorante “’A figlia d’’o Marenaro” che ha subito danni alle cucine e alle sale.

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