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Clan D’Amico, niente stangata

Colpo di scena in appello dopo i due secoli inflitti in primo grado. Pene confermate solo per cinque imputati

Clan D’Amico, niente stangata

Nei riquadri Salvatore D’Amico “’o pirata”, Ciro Mazzarella, Pasquale Ariosto e Salvatore Autiero

NAPOLI. Camorra, droga e riciclaggio. Nonostante le pesantissime accuse spiccate dalla Procura e gli oltre due secoli di carcere incassati in primo grado, per boss e gregari del clan D’Amico-Mazzarella di San Giovanni a Teduccio arriva una sfilza di “sconti” al termine del secondo grado di giudizio.

La sesta sezione della Corte di appello di Napoli, presidente Cioffi, ieri pomeriggio ha rideterminato ben quattordici condanne. Soltanto cinque, invece, quelle confermate.

Nel dettaglio, ecco il dispositivo con cui sono state riviste al ribasso le pene inflitte in primo grado ai ras del rione Villa di San Giovanni: Pasquale Ariosto, 8 anni a fronte dei precedenti 13 anni e 4 mesi; Salvatore Autiero, 10 anni e 8 mesi invece di 16 anni; Giovanni Borrelli, 6 anni e 8 mesi invece di 8 anni; Gabriele D’Amico, 8 anni e 10 mesi invece di 13 anni e 4 mesi; Salvatore D’Amico (classe 1998), 3 anni invece di 4 anni e 5 mesi; Salvatore D’Amico “’o pirata”, 11 anni e 4 mesi invece di 18 anni; Umberto D’Amico, 3 anni invece di 4 anni e 5 mesi; Gennaro Improta, 10 anni e 8 mesi invece di 16 anni; Giovanni Improta, 10 anni e 8 mesi invece di 16 anni; Ciro Mazzarella, 10 anni invece di 16 anni e 8 mesi; Giovanni Musella, 8 anni e 8 mesi invece di 14 anni; Alessandro Nocerino, 13 anni e 6 mesi invece di 20 ann; Pasquale Nocerino (del 2 marzo 1974), 6 anni e 6 mesi invece di 10 anni; Pasquale Nocerino (del 4 aprile 1974), 5 anni e 6 mesi.

Un verdetto accolto con soddisfazione dagli avvocati Roberto Saccomanno, difensore di Autiero, Francesco Buonaiuto, che assisteva invece Musella, Leopoldo Perone, Sergio Lino Morra, Antonio Abet, Dario Raucci, Mauro Zollo e Sara Piccina. Condanne confermate invece per i cinque imputati che non hanno patteggiato e ai quali non sono state concesse le “generiche” o gli aumenti a titolo di continuazione.

Vale a dire Antonio Catino (5 anni e 4 mesi), Francesco Tabasco (5 anni e 4 mesi), Ester Urio (8 anni), Giacomo Urio (13 anni e 4 mesi), Giovanni Urio (10 anni e 8 mesi) e Pasquale Urio (12 anni e 6 mesi di carcere). La retata era scattata a febbraio 2023.

«Sono Mazzarella e porto avanti questa bandiera, non quella dei Rinaldi e dei Reale». Così durante un summit il ras Ciro Mazzarella arringò i soci dopo aver discusso con loro su varie attività illecite. La conversazione era una delle tante captate e registrate da una cimice diventata il fulcro di un’altra indagine sul potente clan in contrasto con l’Alleanza di Secondigliano.

Proprio il figlio di Gennaro “’o schizzo” era uno dei 24 destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare eseguita dai carabinieri. I reati ipotizzati andavano dall’associazione mafiosa al traffico di droga, passando per il riciclaggio di danaro sporco. Oltre a Mazzarella erano finiti nei guai altri pezzi da novanta della mala della zona, a cominciare da Salvatore D’Amico “’o pirata” con due nipoti dallo stesso cognome, Pasquale Ariosto, Umberto Luongo, Gennaro Improta, Giovanni Salomone, gli Urio e i Nocerino.

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