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Malanapoli
04 Luglio 2025 - 08:39
Nei riquadri il boss Patrizio Bosti, i figli Ettore e Flora e l’ex genero Luca Esposito
NAPOLI. La frangia del clan Contini capeggiata dallo storico ras di San Giovaniello Patrizio Bosti corre spedita verso una nuova stangata. Ieri mattina, al termine di una requisitoria durata oltre cinque ore, il pubblico ministero della Dda Converso ha chiesto cinque condanne per un ammontare di quasi settanta anni di carcere.
A rischiare grosso sarà soprattutto il “padrino” dell’Arenaccia, per il quale la Procura ha chiesto 15 anni di reclusione. Per Ettore Bosti e Flora Bosti il pm ha chiesto, rispettivamente, 12 anni e 13 anni. Dodici anni la richiesta di pena avanzata anche per l’ex genero del ras Luca Esposito.
Il processo riprenderà il prossimo 7 luglio, quando inizieranno le discussioni del collegio difensivo: a prendere la parola in aula saranno, in ordine di intervento, gli avvocati Nicola Pomponio, Fabio Segreti, Leopoldo Perone, Mauro Valentino, Domenico Dello Iacono ed Elisabetta Valentino. La sentenza è attesa per la fine del mese. Nell’udienza celebrata il 16 giugno scorso innanzi al gup Villano Patrizio Bosti aveva sostenuto di non aver gestito la cassa del clan e lo stesso avrebbero fatto i suoi figli.
Riferendosi a Flora, in particolare, il ras ha affermato: «Per mia figlia non sono un capoclan, ma un padre. I miei figli sono innocenti». Nel corso del suo intervento in aula il ras dell’Arenaccia ha poi riservato una stilettata all’ex genero Luca Esposito, per un breve periodo collaboratore di giustizia: «Quando in passato ha reso delle dichiarazioni siamo stati subito perquisiti, ma la forze dell’ordine non hanno trovato nulla che provasse la nostra colpevolezza. Non sono io il gestore della cassa del clan».
Di tutt’altro avviso è ovviamente la Procura, che poche settimane fa ha anche depositato alcuni nuovi atti investigativi. Secondo quanto emerso dall’ultima inchiesta che ha portato all’arresto di “Patriziotto” e dei suoi familiari, il boss comandava ancora dando ordine e direttive nonostante fosse al 41bis nel carcere di Parma; anche il figlio, Ettore Bosti, sottoposto allo stesso regime detentivo nel penitenziario di Cuneo, avrebbe impartito ordini, in particolare a chi era demandato alla gestione economica del clan, anche in maniera vessatoria.
Flora Bosti viene invece ritenuta dagli inquirenti della Dda la longa manus del padre: avrebbe gestito la cassa del clan grazie alla quale manteneva gli affiliati e le rispettive famiglie. Sarebbe stata lei a occuparsi di investire i proventi illeciti e a tenere i rapporti con gli affiliati al clan: per la donna la Corte di Cassazione aveva però recentemente escluso l’aggravante mafiosa.
Il reato di riciclaggio è stato poi contestato a Luca Esposito, il quale, con l’ex cognata Flora Bosti avrebbe messo a segno le truffe vendendo orologi di lusso contraffatti - suo “marchio di fabbrica” - a persone facoltose, per poi riversare i proventi in società intestate a prestanome. Doveva essere scarcerato dopo una decina di giorni Patrizio Bosti, ma l’arresto notificato a lui, ai figli e all’allora genero spezzò sul nascere i sogni di libertà.
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