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Il giallo

Case in fiamme, tutto da rifare

Palazzo semidistrutto a Sant’Erasmo, la Corte di appello riapre il caso: atti al pm

Palazzo in fiamme a Sant’Erasmo, la Corte di appello riapre il caso

NAPOLI. L’iter processuale chiamato a fare luce sul tremendo rogo che quasi tre anni ha gravemente danneggiato un palazzo di via Santa Lucia Filippini, a Sant’Erasmo, torna al punto di partenza. Finito sotto inchiesta e poi a processo con l’accusa di incendio doloso, Giuseppe Sasso in primo grado era uscito sostanzialmente indenne.

L’udienza preliminare si era infatti conclusa con la decisione del gip Cervo di non procedere per la presunta incapacità dell’imputato di intendere e di volere. Un verdetto choc per le tre famiglie che, a causa di quel maledetto incendio, erano state costrette a lasciare le proprie abitazioni.

Il ricorso non si è fatto attendere e ieri la seconda sezione della Corte di appello di Napoli, accogliendo in pieno il ricorso delle persone offese, ha disposto la nuova trasmissione degli atti in Procura, dando così una speranza agli inquilini che ancora oggi non hanno potuto fare rientro nei propri appartamenti.

La vicenda oggetto del processo è tristemente nota. La mattina del 9 ottobre del 2022 tre piani dell’edificio che sorge al civico 36 di via Santa Lucia Filippini vengono divorati da un grosso incendio. Tre nuclei familiari vengono in seguito sgomberati e ancora oggi non sono potuti rientrare in casa.

Partono le indagini e in breve tempo gli inquirenti accertando che l’origine del rogo sarebbe da attribuire a uno degli inquilini del quarto piano, Giuseppe Sasso, il quale - stando a quanto dichiarato dal diretto interessato al consulente del tribunale - quel giorno avrebbe involontariamente appiccato il fuoco mentre maneggiava una candela che stava posizionando nella cappella votiva dedicata al padre.

In seguito il giudice per le indagini preliminari ha però ritenuto che l’imputato non fosse in grado di stare in giudizio e pertanto aveva stabilito di non dover procedere nei suoi confronti. Contro quella decisione si è battuta con tutte le proprie forze una coppia di inquilini, assistita dal penalista Giampaolo Galloro.

Proprio grazie alle argomentazioni portate in aula dal loro avvocato il caso è stato adesso riaperto: il difensore della coppia ha inoltre messo in evidenza la mancata notifica degli atti ai propri assistiti, oltre che a se stesso. Da qui la decisione della Corte di appello di Napoli di trasmettere nuovamente gli atti in Procura.

Dalla lettura della denuncia si apprende inoltre di una terribile e triste circostanza: lo choc determinato dall’incendio aveva «causalmente determinato l’interruzione del procedimento di fecondazione assistita in corso». La coppia stava infatti provando ad avere un figlio. Un sogno prematuramente spezzato dal rogo scoppiato in quella maledetta mattina di inizio ottobre.

Le indagini, da subito, avevano consentito di appurare che le fiamme si erano sviluppate da un appartamento al quarto piano, andato completamente distrutto dall’incendio che ha interessato anche altre due unità abitative, poste al terzo e al quinto piano, risultate anch’esse danneggiate e ancora oggi inagibili. Un rogo fino ad oggi senza responsabili.

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