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17 Luglio 2025 - 09:24
NAPOLI. Il loro coinvolgimento nell’“omicidio dello zainetto” non è in discussione, ma le loro condanne dovranno essere riviste al ribasso. La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, accogliendo i ricorsi proposti da Pasquale Ariosto, difeso dall’avvocato Dario Vannetiello, Ciro Rosario Terracciano, difeso dagli avvocati Leopoldo Perone e Valerio Vianello, Umberto Luongo, difeso dagli avvocati Giuseppe Perfetto Alessandro Pignataro e Valerio Spigarelli, Giovanni Salomone, difeso invece dall’avvocato Saverio Senese, nonostante il procuratore generale avesse chiesto il rigetto di tutti i ricorsi, ha annullato le condanne all’ergastolo per l’omicidio di Luigi Mignano e per il tentato omicidio di Pasquale Mignano, avvenuti a San Giovanni a Teduccio.
La sentenza emessa dalla Suprema Corte, seppur relativa al solo trattamento sanzionatorio, rappresenta un importante colpo di scena in quanto preceduta da un altro annullamento della condanna all’ergastolo, avvenuto con la decisione del 14 dicembre 2023 da parte dalla prima sezione della Suprema Corte. Dopo il deposito della motivazione, dovrà quindi essere celebrato il terzo giudizio di appello presso una diversa sezione della Corte di assise di appello di Napoli. L’atroce delitto fu consumato il 9 aprile 2019 in pieno giorno, davanti a decine di passanti, in via Ravello, nel cuore del rione Villa di San Giovanni a Teduccio.
L’inchiesta sulla morte violenta di Luigi Mignano ha fatto luce sull’eterna faida tra i Rinaldi e i D’Amico-Mazzarella. Secondo la pubblica accusa, i mandanti dell’omicidio furono Umberto D’Amico “’o lione” (oggi pentito, nipote del ras Salvatore D’Amico “’o pirata”, estraneo all’inchiesta) e Umberto Luongo, mentre a compierlo materialmente sarebbe stato Ciro Rosario Terracciano, condotto sul luogo dell’agguato da Pasquale Ariosto. Autiero fornì appoggio al sicario e al conducente dello scooter mettendo a disposizione un suo veicolo. Salomone procurò l’arma da utilizzare e presidiò il territorio durante la fase esecutiva del delitto. Gennaro Improta e Musella avrebbero infine aiutato il killer e l’autista del commando a fuggire, distruggendo il ciclomotore usato da questi ultimi.
I presunti responsabili del delitto, che era maturato nell’ambito dell’eterna faida tra i clan Rinaldi (clan al quale la vittima era vicina) e D’Amico-Mazzarella, erano stati stanati grazie alla rapida attività di indagine andata in porto grazie all’intuito degli 007 che avevano lavorato al caso, ma anche grazie alle intercettazioni ambientali. Determinanti anche le immagini catturate da alcune telecamere di videosorveglianza privata e in seguito le rivelazioni dell’ex boss Umberto D’Amico, pentitosi durante il primo grado di giudizio. Stando alla ricostruzione dei pm, nel mirino dei sicari c’era anche Pasquale Mignano, figlio di Luigi, presente sul luogo dell’agguato a cui scampò miracolosamente anche un bimbo che si trovava con la vittima. Per quattro sicari il processo di appello è adesso però da rifare.
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