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L'inchiesta
23 Luglio 2025 - 09:24
Un agguato in piena regola, ma stavolta la criminalità organizzata non c’entra. Sono stati attimi di puro terrore, quelli andati in scena la sera dell’1 aprile scorso a Casoria, dove un contrasto tra vicini scaturito da banali questioni condominiali è degenerato in malo modo. Quella che ne venne fuori, ai danni di Nicola Esposito, fu una vera e propria azione di rappresaglia armata, con tanto di colpi di pistola, tamponamento in auto e colpi di martello.
Per Giuseppe D’Andrea, il fratello Emanuele e il padre Nunzio, tutti a vario titolo accusati di tentato omicidio, si prefigurava una lunga permanenza in carcere. Nulla di tutto ciò è però successo: il gip del tribunale di Napoli Nord, Mariangela Guida, accogliendo in pieno l’istanza del legale dei tre indagati, il penalista Dario Carmine Procentese, ha deciso di concedere a tutti gli arresti in casa.
I domiciliari sono scattati in quanto il giudice, sposando in pieno la linea sostenuta dalla difesa nell’istanza di sostituzione della misura cautelare, ha ritenuto che le esigenze cautelari si fossero ormai attenuate. In sintesi, il tribunale ha ritenuto gli arresti domiciliari sufficienti a scongiurare la reiterazione del reato, il pericolo di fuga o l’inquinamento del quadro probatorio.
Il quadro indiziario era stato del resto cristallizzato già nelle ore subito successive al tentato omicidio, tant’è che Giuseppe D’Andrea, imprenditore edile, venne arrestato nell’immediatezza dei fatti. La guerriglia scoppiò all’apice di una serie di tensioni che andavano avanti da tempo, scaturite da un contrasto sulla destinazione d’uso di una porzione di suolo condominiale.
Secondo il pistolero D’Andrea sarebbe stato il caso di costruire un fabbricato, di tutt’altro avviso era invece la vittima, che avrebbe voluto la creazione di nuovi posti auto. Sta di fatto che la sera dell’1 aprile scorso solo per un puro caso non ci scappò il morto. Non appena Nicola Esposito, a bordo della sua auto, rientrò a casa, Giuseppe D’Andrea esplose nove colpi di pistola da una distanza di circa trenta metri: uno dei bossoli finì per conficcarsi sul montante della portiera della vettura e per un soffio non centrò la vittima designata.
La vendetta era però soltanto all’inizio. Pochi istanti dopo, Nunzio D’Andrea, arrivato sul posto al volante di una Renault “Megan Scenic”, iniziò a speronare da dietro Esposito, mentre Emanuele D’Andrea, impugnando un martello di cinquanta centimetri di grandezza, colpì più volte il finestrino dell’auto di Esposito fino a mandarlo in frantumi.
La mira non fu però sufficientemente precisa e la vittima riuscì in qualche modo a divincolarsi, a uscire dalla macchina e a rifugiarsi in casa, dove ha poi subito chiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Il primo a finire in arresto fu Giuseppe D’Andrea, mentre dopo una decina di giorni la stessa sorte toccò ai familiari. I tre, tutti difesi dall’avvocato Procentese, hanno adesso ottenuto gli arresti domiciliari. Il pistolero è stato scarcerato già a giugno, i due congiunti nella giornata di ieri.
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