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Ambiente
16 Agosto 2025 - 09:12
NAPOLI. Nei giorni scorsi il fenomeno delle bolle che risalgono dal fondale marino di Bagnoli ha suscitato preoccupazioni tra residenti e frequentatori della zona. Due le ipotesi principali emerse: da un lato quella sostenuta dall’Osservatorio Vesuviano, che parla di emissioni gassose naturali legate al sistema vulcanico dei Campi Flegrei e al bradisismo, dall’altro quella di alcuni geologi, osservatori indipendenti e cittadini, secondo cui si tratta sì di un fenomeno naturale, ma non connesso all’attività vulcanica.
A sostenere questa seconda ipotesi è anche il presidente di Arcimare Bagnoli, storica realtà attiva nella tutela ambientale del litorale flegreo. «Non è un fenomeno nuovo - afferma il presidente Giuseppe Esposito. Le bolle sono sempre state lì. Sono nato a Bagnoli, in via Coroglio 24, e fin da piccoli sapevamo che in certi punti del mare l’acqua era più calda o più fredda. Oggi la differenza è che c’è maggiore attenzione mediatica, e questo genera allarme dove non serve».
Secondo lui, la spiegazione non va cercata nei movimenti del sottosuolo, ma in una memoria storica dimenticata: «Tra piazza Bagnoli e via Di Pozzuoli c’erano le terme, Manganella, Tricarico, Masullo, Cotroneo. Quelle sorgenti sono state poi chiuse da cemento e deviate. L’acqua termale continua però a fluire, cercando nuovi sbocchi verso il mare».
Va chiarito con forza – secondo il presidente – l’assenza di pericolosità del fenomeno.
«Non è un pericolo per la salute pubblica, tant’è che proprio in questo periodo si pesca tanto: totani, tonnetti, alici. C’è stato persino un ritorno di pesci e molte specie di uccelli. L’unico piccolo calo riguarda la presenza di polpi».
Il problema principale secondo Arcimare non sono le bolle in mare aperto, ma il debordare delle acque termali sulla spiaggia di via Di Pozzuoli, interdetta. «Un tempo correggevamo manualmente con pale e tavole il flusso dell’acqua termale proveniente da Agnano, che cambia direzione con il maestrale o le mareggiate. Ora non possiamo più farlo e l’acqua finisce sulla sabbia. L’associazione aveva già vinto una causa penale nel 2012 contro il demanio e operava per mantenere accessibile e pulita l’area. «Oggi le autorità spendono migliaia di euro per la pulizia, cosa che facevamo noi gratuitamente. Basterebbero dieci scogli disposti verso il mare per regolare tutto».
Resta aperta la questione degli episodi di schiuma bianca e acqua nera che compaiono periodicamente. «Negli anni 80-90 furono trovati scarichi abusivi e carcasse animali. Pensiamo che la schiuma sia dovuta al lavaggio delle vasche termali, ma nessuno ha mai indagato sul serio. Arpac e altri enti dovrebbero farlo».
Quindi servono meno allarmi e più interventi pratici. «Questo è un territorio ricco di risorse naturali che andrebbero valorizzate e gestite, non lasciate al degrado o strumentalizzate per creare paura».
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