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Racket, il ras Orefice e il figlio non rispondono

Retata contro il clan Pezzella, gli indagati fanno scena muta davanti al gip: pronti i ricorsi al Riesame

Racket, il ras Orefice e il figlio non rispondono

Michele e Luigi Orefice

NAPOLI. Nulla da dichiarare. Il boss del clan Pezzella Michele Orefice e il figlio Luigi Orefice, dopo il nuovo arresto in cui sono incappati con l’accusa di racket, ieri mattina hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia tenutosi davanti il gip.

I due presunti aguzzini, come gli altri quattro coindagati, non hanno neppure reso dichiarazioni spontanee. Toccherà adesso ai loro legali, gli avvocati Leopoldo Perone e Antonio Rizzo, intavolare la strategia difensiva da portare in aula in occasione del ricorso al Riesame. Le estorsioni sarebbero iniziate nel lontano 2011.

Il titolare di un bar di Frattamaggiore avrebbe dovuto pagare il pizzo in tre rate: Natale, Pasqua e Ferragosto. Ma a luglio scorso non avrebbe voluto pagare l’ultima rata di quest’anno e per questo motivo sarebbe stato pesantemente minacciato.

Con l’accusa di estorsione tentata e consumata aggravate dal metodo mafioso, sei indagati sono stati arrestati dalla polizia al termine di una rapida indagine coordinata dalla Dda di Napoli.

Gli agenti della Squadra mobile e del commissariato di zona hanno ricostruito quando accaduto nel corso degli anni. Secondo gli investigatori al commerciante sarebbe stato imposto di pagare un pizzo di circa di 6.000 euro annui, suddiviso in tre rate nelle classiche ricorrenze di Natale, Pasqua e Ferragosto, sceso poi a 1.500 euro.

L’uomo all’inizio di quest’anno si sarebbe opposto al pagamento e per questo motivo sarebbe stato minacciato con un’arma da fuoco. Pesanti le minacce rivolte al malcapitato commerciante, avvicinato senza tanti giri di parole: «Da oggi in poi mi devi dare 2.000 euro per tre volte l’anno, per un totale di 6.000 euro... 2.000 a Pasqua, 2.000 a Natale e 2.000 a Ferragosto.

In almeno un’occasione, a dicembre 2024, anche il rampollo Luigi Orefice si sarebbe presentato personalmente nel bar della vittima per intascare una tangente da 500 euro.

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