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Il delitto di Melito
20 Agosto 2025 - 14:58
L'ispettore di polizia Ciro Luongo e Roberto Marchese
NAPOLI. Ucciso dal figlio della compagna dopo un rimprovero per aver fatto scappare da casa il pappagallo. Una morte assurda per Ciro Luongo, 58enne viceispettore di polizia in servizio al commissariato di Giugliano dopo aver combattuto la camorra di Casal di Principe. Inutilmente ha cercato di proteggersi dalla furia del 21enne Roberto Marchese, parando le prime coltellate con uno sgabello.
A un certo punto, tra il terrore e le urla disperate della donna e del figlio minorenne della coppia, il più giovane ha buttato per aria la sedia e si è aperto un varco con l’arma in pugno fino al cuore del patrigno. A riferire il movente agli inquirenti sarebbe stato il figlio minorenne della coppia, “fratellastro” del presunto assassino. In una conversazione intercettata avrebbe raccontato che il padre si era molto arrabbiato con Roberto, ritenuto colpevole della fuga dell’uccello.
Tra i due, secondo la difesa, i rapporti erano tesi e difficili, mentre la moglie dell’ispettore avrebbe dichiarato che invece erano buoni. Il 12enne avrebbe anche confermato la dinamica del delitto, avvenuto in un momento in cui la madre si era allontanata e non ha assistito alla scena finale. Quest’ultima ha confermato il litigio, supportando comunque gli indizi a carico del 21enne (da ritenere innocente fino a eventuale condanna definitiva).
Erano le 19 circa di lunedì quando Ciro Luongo si è accorto che il pappagallo cui teneva molto era scappato. Ha notato che il balcone e le finestre dell’appartamento erano aperte, soprattutto quella della camera da letto, e ha rimproverato il 21enne di non averli tenuti chiusi. Il giovane si è difeso discolpandosi, ma piano piano i torni della discussione si sono sempre più accesi. Fino a quando Roberto avrebbe esclamato: «Adesso, mi hai rotto…ti ammazzo».
Si è girato, ha preso dal cassetto un coltello di 20 centimetri e si è avventato contro il patrigno. Tutti e quattro i presenti si trovavano in cucina, nell’abitazione di viale delle Margherite. Istintivamente l’ispettore di polizia ha alzato una sedia coprendosi la testa e parte del torace, parando i primi fendenti vibrati da Roberto da tutte le posizioni. Poi è saltata la difesa dell’uomo che si è trovato scoperto.
La lama è penetrata in profondità non lasciandogli scampo. È scattato l’allarme e sono partite le indagini, coordinate dal pm Cesare Sirignano della Procura di Napoli nord, condotte congiuntamente dai carabinieri di Marano, e dai poliziotti della Squadra mobile della questura (con il dirigente Leuci e il vicequestore Serpico) con i colleghi del commissariato di Giugliano. Oggi o al massimo domani mattina si svolgerà l’udienza di convalida del fermo.
Tra l’altro, dalle indagini trapela che il fratello di Marchese è stato arrestato in passato mentre il padre è rimasto coinvolto e poi fu prosciolto in una vicenda giudiziaria. Roberto Marchese dopo aver ucciso il patrigno è fuggito, trovando rifugio dal padre naturale, sempre a Melito. Lì lo hanno rintracciato gli investigatori della polizia, conducendolo in questura. Marchese ha ammesso di aver colpito il patrigno, ma ha raccontato che da tempo non andava d’accordo con lui e che era trattato male.
Circostanza smentita dalla madre, che ha invece ha descritto il compagno come «buono e gentile», così come i vicini di casa. A sentire questi ultimi il pappagallo sarebbe stato ritrovato e riportato a casa proprio mentre era in corso l’omicidio. «Si udivano urla strazianti e siamo tornati indietro, chiamando i carabinieri».
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