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Il riesame
21 Agosto 2025 - 07:40
Michele Orefice
NAPOLI. «Sparare giù alle gambe…e te ne vai…». Questa frase, intercettata in ambientale, è alla base della decisione del Tribunale del Riesame (XII sezione) che ha derubricato in lesioni il reato inizialmente contestato di tentato omicidio ai tre indagati per il ferimento del tiktoker Luca Di Stefano, titolare della ristopescheria “Il sole di notte”.
DA OMICIDIO A LESIONI
In sostanza il presunto mandante Michele Orefice, ritenuto vicino al clan Pezzella di Frattamaggiore, avrebbe indicato chiaramente al figlio Luigi l’ambito dell’azione di fuoco nei confronti dell’imprenditore social. Non doveva ucciderlo e quindi l’accusa a parere dei giudici deve essere cambiata. Un risultato molto importante per la difesa, rappresentata dagli avvocati Leopoldo Perone, Domenico Dello Iacono e Antonio Rizzo.
TRE GLI ARRESTATI
Tre le persone arrestate nella vicenda dalla polizia di Stato: Michele Orefice, 46 anni, ritenuto a capo dell’omonimo gruppo vicino al clan Pezzella, il figlio Luigi Orefice, 20 anni, e Pietro D’Angelo, 23 anni. Era una serata come tante nel locale “Il Sole di Notte”, quando un uomo a volto coperto aveva fatto irruzione, stando alla ricostruzione della Squadra mobile di Napoli e del commissariato di Frattamaggiore. L’esecutore materiale venne poi identificato in Pietro D’Angelo, che, dopo aver ordinato ai clienti di uscire immediatamente dal locale, aveva raggiunto la cucina dove si trovava Di Stefano e aveva sparato.
IL PESTAGGIO DI UNA GIOVANE DONNA
A evitare il peggio era stata la prontezza di riflessi del ristoratore, che si era difeso lanciando alcuni tavolini contro il pistolero, che a quel punto aveva deciso di darsi alla fuga. Il ferimento del tiktoker era stato preceduto dal pestaggio di una giovane donna di Grumo Nevano, accusata di essersi “riavvicinata” all’ex fidanzato Di Stefano nonostante una pregressa relazione con il boss detenuto Michele Orefice, padre di Luigi.
L’INTERCETTAZIONE
Proprio una conversazione intercettata tra la donna e il boss, in possesso di un cellulare nonostante si trovasse in carcere, ha aiutato gli inquirenti a dimostrare il coinvolgimento degli Orefice nel pestaggio e nel successivo raid armato ai danni di Di Stefano.
LA CONVERSAZIONE
La conversazione avvenne il 15 maggio scorso. Orefice si era mostrato compiaciuto per le violenze subite dalla ex e si era interessato a sapere se il pestaggio fosse stato filmato. Le indagini hanno chiarito le responsabilità individuali: Michele Orefice ha dato l’ordine, suo figlio Luigi ha curato l’organizzazione logistica dell’agguato, mentre D’Angelo è stato l’esecutore materiale, tutti da ritenere innocenti fino a eventuale condanna definitiva.
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