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Camorra

Reggente dei Licciardi latitante, Pietro Izzo in fuga all’estero

Incoronato ras e aiutato dal clan, è accusato di estorsione insieme a due complici

Reggente dei Licciardi latitante, Pietro Izzo in fuga all’estero

Nel riquadro Pietro Izzo, considerato dagli investigatori il reggente del clan Licciardi

NAPOLI. Un’estate da latitante, ma soprattutto da reggente del clan Licciardi incoronato e aiutato dal clan nella fuga, forse all’estero. Ecco ciò che pensano di Pietro Izzo gli investigatori anticamorra più esperti, impegnati a raccogliere ogni possibile traccia di “Pierino o’ pompiere”, uccel di bosco dal 26 giugno scorso. Quando un’operazione di polizia antiracket, coordinata dalla procura antimafia, portò all’emissione di un fermo nei confronti tre indagati: lui, che non fu trovato a casa, Luca Gelsomino e Giovanni Napoli. Un imprenditore coraggio denunciò il ”pizzo” subito e mai riscosso, che doveva servire per rimpinguare le casse del gruppo della Masseria Cardone e della Vanella Grassi.

LA DENUNCIA DI UN IMPRENDITORE CORAGGIO

“Lo sai che sei proprio scostumato? Ma come ,vieni a fare lavori nello Gescal” e non ti sei nemmeno venuto a presentare? Lo sai che è buona educazione chiedere il permesso?”. Così si sarebbe rivolto Pietro Izzo, 59enne ritenuto uno dei reggenti del clan Licciardi, a un imprenditore edile che stava svolgendo con la sua ditta lavori di ristrutturazione edile nel rione Gescal e nella Masseria Cardone. Una minaccia larvata poi culminata successivamente nella richiesta di 5000 euro di “pizzo” da saldare in due rate, avanzata in maniera più chiara da Luca Gelsomino e Giovanni Napoli. Tutti e tre da considerare innocenti fino all’eventuale condanna definitiva.

L’ACCUSA

L’accusa è di estorsione aggravata dal metodo mafioso per agevolare il clan Licciardi. Luca Gelsomino e Giovanni Napoli, rispettivamente 32enne e 44enne, sono assistiti dall’avvocato Antonietta Genovino. A incastrarli grazie alla denuncia, ma soprattutto alla registrazione di un colloquio compiuta dalla vittima con il telefonino, sono stati i poliziotti della Squadra mobile della questura di Napoli (guidati dal dirigente Giovanni Leuci con il vice questore Giuseppe Sasso) e i colleghi ella squadra operativa e investigativa del commissariato Secondigliano (con a capo il dirigente Tommaso Pintauro). Investigatori esperti che hanno chiuso l’indagine in pochi giorni con il coordinamento della Dda.

LE MINACCE ESPLICITE

Il massimo della massima pressione sulla vittima si è avuta tra l’8 e il 10 giugno, quando Giovanni Napoli si presentò nell’ufficio dell’imprenditore minacciandolo esplicitamente. “Pierino ha detto che questa cosa me la devo vedere io. Nientedimeno hai aperto due cantieri nel rione Gescal e alla Masseria e stai intascando 40mila e 70mila euro e da noi non sei proprio venuto. Non ti sei comportato bene. Comunque ci devi fare un regalo perché io da poco sono uscito di galera e stiamo senza soldi. Ci devi dare 5000 euro”.

L’INTERCETTAZIONE

Nel dialogo registrato all’insaputa dell’interlocutore, si sente Napoli che si lamenta dei ritardi nella consegna di 1000 euro pattuiti come acconto sulla tangente. “Però se tu mi dici, io a 40 anni, oggi, domani, oggi…non è bello fratello”. E in un’altra occasione, altra minaccia: “ma ci stai mandando a prendere il sale?”.

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