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Il lutto
23 Agosto 2025 - 15:27
Peppino Maggi con il giornalista del "The New York Times" Henry Tanner (ph Gilda Valenza)
L'archeologo Giuseppe “Peppino" Maggi, che ha saputo dare voce e memoria ai resti silenziosi della distruzione di Ercolano, avvenuta a seguito dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., la stessa che colpì anche Pompei, Stabia e Oplonti, riscrivendone la storia, è morto nella sua casa di Napoli all'età di 95 anni.
Maggi, per anni direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann) e degli scavi di Ercolano e Oplonti, ha legato il suo nome in modo indelebile alla riscoperta dell'antica città vesuviana, contribuendo con passione e rigore scientifico alla tutela e valorizzazione di un patrimonio unico al mondo.
Fu lui, il 3 agosto del 1982, a ricevere quelle “concitate grida" che lo richiamavano sul cantiere davanti alle Terme Suburbane. Quel giorno, nel fango solidificato da secoli, emerse la chiglia di un'imbarcazione rovesciata. Era l'inizio di una delle più affascinanti scoperte dell'archeologia moderna: la Barca di Ercolano, lunga oltre 9 metri, conservata grazie all'assenza di ossigeno e circondata da oggetti quotidiani e resti umani.
Una fotografia struggente degli ultimi istanti degli ercolanesi, travolti dalla furia del Vesuvio mentre cercavano salvezza verso il mare. Sotto la guida di Maggi, si scoprì che la barca poteva essere manovrata da tre coppie di rematori. Accanto ad essa, furono ritrovati reperti commoventi: corde spezzate, pettini in bronzo, un cestino di vimini, aglio e cipolline trasportati dal fango, e perfino un piccolo salvadanaio in legno con due monete, una d'argento e una di bronzo, con il volto dell'imperatore Vespasiano.
La barca, oggi esposta in un padiglione apposito nel Parco Archeologico di Ercolano, è il simbolo di quel lavoro pionieristico che ha trasformato un cantiere di scavo in un laboratorio di memoria collettiva. Il contributo di Maggi non si è limitato al solo rinvenimento della barca.
Negli anni Settanta e Ottanta, grazie anche ai fondi della Cassa per il Mezzogiorno, l'archeologo coordinò interventi fondamentali per rendere più accessibile e comprensibile l'area archeologica di Ercolano. Sotto la sua direzione, fu portato alla luce il complesso delle Terme Suburbane, con l'eccezionale scoperta dell'originario sistema di riscaldamento della “natatio".
La sua carriera accademica, iniziata negli anni Cinquanta all'Università Federico II di Napoli, passò anche per l'insegnamento negli Stati Uniti, dove nel 1980 tenne una storica conferenza stampa alla sede della National Geographic Society a Washington, portando l'archeologia vesuviana sotto i riflettori della comunità scientifica internazionale.
Il Mann e il Parco Archeologico di Ercolano si sono uniti in un messaggio congiunto di cordoglio: «Giuseppe Maggi ha dedicato la sua vita alla tutela e valorizzazione del patrimonio con passione e competenza. Il suo lavoro presso l'antica spiaggia di Ercolano è oggi un segno tangibile del suo impegno e della sua visione scientifica».
Lo ricordano con affetto e stima anche Massimo Osanna, direttore generale dei Musei del Ministero della Cultura, e Francesco Sirano, direttore del Parco Archeologico di Ercolano, che lo definiscono «un professionista appassionato, la cui memoria resterà parte integrante della storia dell'archeologia italiana».
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