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Il lutto
31 Agosto 2025 - 11:37
Il professor Giorgio Matteucig
Lutto nel mondo accademico napoletano. È scomparso a 85 anni il professor Giorgio Matteucig. Una vita tra biologia, sismologia e memoria storica. Deceduto nella sua casa napoletana, tra l'affetto dei suoi cari, lascia 7 figli e l’amata moglie Aurora.
Nato a Napoli nel 1940, ha dedicato la sua carriera alla ricerca scientifica e alla prevenzione dei terremoti attraverso l’osservazione del mondo vivente.
Una formazione segnata dai maestri
Studente del Liceo Classico Genovesi di Napoli, si diplomò nel 1958 e si iscrisse a Chimica, spinto dall’influenza del ricercatore Francesco Giordani. Alla morte del maestro, decise di intraprendere la strada della biologia, laureandosi nel 1967 con una tesi sulla biofotogenesi batterica sotto la guida del Prof. B. De Lerma. Poco dopo divenne borsista del Ministero dell’Istruzione presso l’Istituto di Biologia e Genetica dell’Università di Napoli.
Parallelamente all’attività accademica, insegnò fisica e laboratorio presso il ITIS “E. Fermi” e il ITIS “A. Righi” fino al 1974, anno in cui entrò stabilmente nell’università come assistente ordinario di Zoologia alla Facoltà di Scienze Naturali della Federico II di Napoli dell’accademia pontaniana.
La svolta: dal Friuli al mondo
Il terremoto del 1976 in Friuli e Veneto segnò una svolta decisiva: Matteucig avviò ricerche pionieristiche sui bioindicatori e sui precursori biologici dei terremoti, convinto che animali e piante potessero rivelare segnali utili alla previsione sismica. Grazie alla sua formazione fisica, mise in relazione questi comportamenti con parametri misurabili – temperature del sottosuolo, suoni, vibrazioni – integrandoli con dati statistici e geofisici.
Da allora divenne una voce ascoltata in Italia e all’estero. Presidente del Centro Internazionale di Ricerche “Before day”, membro dell’Accademia Romana di Scienze Mediche e Biologiche, dell’American Geophysical Union e della Seismological Society of America, prese parte alle principali conferenze internazionali sul tema: Tokyo, Pechino, San Francisco, Lisbona, New Delhi, Udine, Monaco di Baviera, Washington.
Tra scienza e divulgazione
Dopo il drammatico sisma in Campania e Basilicata del 1980, pubblicò il volume “Terremoto: ecologia ed etologia” (Napoli 1981, seconda edizione 1987), testo che aprì un filone nuovo nella riflessione sui rapporti tra ambiente, animali e sismicità. Nel 1988 curò inoltre la traduzione di un’opera del gesuita siciliano P. Niccolò Longobardi, “Sui terremoti e precursori”, trattato del 1626 che raccoglieva le antiche conoscenze cinesi e rinascimentali sui fenomeni sismici. Numerosi anche gli articoli comparsi su giornali e riviste italiane: Il Mattino, La Repubblica, Il Tempo, Il Gazzettino, Messaggero Veneto, Europeo, con l’intento di portare la scienza al grande pubblico.
Il dibattito sugli zoo
Negli ultimi anni si è distinto per le posizioni a favore della modernizzazione degli zoo, visti non come luoghi di reclusione ma come banchi genetici di salvezza per molte specie a rischio estinzione. Una battaglia che ha acceso il dibattito tra animalisti e comunità scientifica, ma che Matteucig ha sempre condotto con coerenza: «Il nostro dovere è preservare la biodiversità con tutti i mezzi possibili – ricordava spesso – anche quando la natura non basta a proteggere i suoi figli più fragili».
Una vita dedicata alla ricerca
Dalla biofotogenesi alla previsione dei terremoti, dall’impegno accademico alla divulgazione scientifica, Giorgio Matteucig rappresenta una figura poliedrica e tenace. La sua storia è segnata dalle radici familiari, dalle sfide del suo tempo e da una costante tensione verso la conoscenza.
Importanti sono da ricordare anche gli studi sul disastro della centrale nucleare Chernobyl in cui, studiò gli effetti delle radiazioni nucleari sulle deformazioni e malformazioni nella zona di alienazione nel periodo più critico dopo l’esplosione. Altro studio importante che merita citazione è la decifrazione degli aspetti naturalistici desumibili da una prima elencazione delle forme animali rappresentate nella porta del palazzo di Eumachia nell'antica Pompei.
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